Rapina al Mercatone Uno di Valli tracce di sangue inviate ai Ris

CHIOGGIA. Indagini a tutto campo per scoprire gli autori della rapina dell'altro ieri al Mercatone Uno di Valli. Ma, visti i precedenti, le speranze di scoprire i colpevoli sembrano piuttosto scarse. E non certo per carenze investigative ma, piuttosto, per l'accurata organizzazione messa in campo dai rapinatori. Prima di tutto l'obiettivo: un ipermercato vicino a una grande arteria di comunicazione, la Romea, dalla quale è facile scappare in molte direzioni.
Poi l'auto utilizzata per compiere il colpo: rubata, probabilmente. Ma rubata (da un altro veicolo) sarebbe anche la targa. Un sistema già utilizzato nella “rapina fotocopia” del dicembre 2011 e che permette ai ladri di non doversi necessariamente disfare rapidamente dell'auto e di non lasciare tracce sul percorso di fuga seguito. Il travisamento: maschere di plastica trasparenti, non tanto evidenti da far nascere sospetti a chi li avesse visti arrivare, ma sufficiente a non far ricordare i loro volti e a impedire alle telecamere di sorveglianza di immortalare i loro tratti somatici.
La rapidità dell'azione, aiutata dalla cattura dell'ostaggio: essenziale per non essere colti in flagranza. In questo modo le possibilità di farla franca aumentano vertiginosamente come, del resto, dimostrano i colpi del recente passato, i cui responsabili sono tuttora sconosciuti. Il bottino: oro, che si può fondere, e contanti, che non sono rintracciabili. Ma questa organizzazione da criminali professionisti ha dovuto subire un imprevisto: il ferimento di uno dei rapinatori con una scheggia di vetro del box dell'oro che hanno preso a mazzate per rubare i gioielli.
Forse per questo i ladri hanno dato fuoco ai contenitori dei gioielli, per distruggere prove biologiche e impronte. Ma sangue e saliva sono cadute anche a terra lasciando una traccia indelebile e assolutamente certa dell'identità del rapinatore ferito. Quei reperti sono stati raccolti dai carabinieri di Chioggia e inviati al Ris di Parma che eseguirà tutte le possibili analisi e, soprattutto, confronterà i risultati con quelli della banca dati già in possesso degli investigatori.
Se il dna di quel rapinatore è schedato, si potrà risalire facilmente alla sua identità. Il problema è che, anche tra i criminali incalliti, non tutti compaiono nella banca dati e quel dna, per quanto univoco, potrebbe non servire a identificare il suo possessore, in mancanza di un termine di confronto.
L'altra possibile fonte di prova sono le riprese delle telecamere che saranno confrontate anche con quelle dell'anno scorso e del 2009.
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