Venezia al 24esimo posto per qualità della vita delle nuove generazioni

La classifica del Sole 24 Ore evidenzia come il capoluogo lagunare non sia una città per giovani, ma si collochi comunque meglio di Treviso e Padova. Nei parametri pesa il canone di locazione

Giovani in fondamenta degli Ormesini all'ora dell'aperitivo
Giovani in fondamenta degli Ormesini all'ora dell'aperitivo

Venezia non è una città per giovani, anche se se la passa meglio di Treviso e Padova nell’ultima classifica del Sole 24 Ore incentrata sulla qualità della vita delle generazioni.

Venezia infatti ha il 24esimo posto: davanti, tra le venete, ha Belluno al sedicesimo mentre Treviso è al 55 e Padova al 59. Che cosa penalizza particolarmente i giovani tra i 18 e i 35 anni? I dati raccolti dal Sole mostrano che è cruciale il peso del canone di locazione, dove Venezia è in fondo alla classifica.

L’incidenza in percentuale sul reddito medio, infatti, è pari al 52, 76 per cento. E che a pesare sia anche il fatto che l’economia cittadina sia incentrata sul turismo, lo dimostrano le città che condividono con Venezia i gradini più bassi del podio: terzultima Firenze (48. 74 per cento), in mezzo Venezia, ultima Roma (66, 19 per cento).

La classifica si concentra anche sulla qualità della vita degli anziani, quindi degli over 65. Secondo i dati, Venezia è al 24esimo posto, distante da altre città venete che si sono prese i gradini più alti come Treviso (al secondo), Verona (al sesto), e Padova (all’undicesimo).

L’edizione 2025 degli indici generazionali del Sole è stata presentata in anteprima al Festival dell’Economia di Trento: le classifiche misurano, ormai da cinque anni, le “risposte” dei territori alle esigenze specifiche dei tre target generazionali più fragili e insieme strategici, i servizi a loro rivolti e le loro condizioni di vita e di salute. Ciascuno dei tre indici sintetici generazionali è calcolato su parametri statistici, forniti da fonti certificate, in grado di raccontare il livello di benessere nei territori.

Questo lavoro è nato come progetto sperimentale nel 2021 e quest’anno si arricchisce di nuovi indicatori (passando da 12 a 15 parametri per ciascuna graduatoria). Si consolida così il metodo di indagine, nonostante l’evidente carenza di dati territoriali capaci di raccontare queste specificità ancora sia un limite nell’analisi dei servizi o degli aspetti di vita dedicati alle tre fasce generazionali (si pensi, ad esempio, al controverso uso del digitale, al “lavoro povero” che troppo spesso caratterizza l’occupazione dei giovani, oppure alle abitudini di vita degli anziani).

Tra i nuovi indicatori, c’è la percezione della qualità delle relazioni familiari (presenza di parenti su cui contare) e della sicurezza urbana (paura di camminare la sera al buio in strada), rilevate da Istat.

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