Profumi nell’acqua, Venezia test mondiale

VENEZIA. Cosa c’è di più piacevole di un fresco, buon profumo di pulito? Docce, lavatrici, lavastoviglie: in città, si sa, non esiste un sistema fognario, l’acqua passa al massimo (e non sempre) per le fosse settiche e poi tutto finisce in canale: ma quanto inquinano i profumi di shampoo, saponi, detersivi?
Se lo sono domandato un gruppo di ricercatori dell’Università di Ca’ Foscari e dell’Idpa-Cnr, che hanno trasformato i canali di Venezia nel primo laboratorio mondiale sull’impatto sull’ambiente delle “molecole profumate” dei detergenti, che sono sì piacevoli, ma per molte persone anche molto allergeniche: e per l’ambiente?
Uno studio che non ha precedenti, alla sua prima fase - quella delle analisi - e già pubblicato sulla rivista scientifica “Science of the total environment”.
«Non esistono studi sull’impatto sull’ambiente marino e sugli organismi che vi vivono di queste molecole prodotte chimicamente dall’ uomo, né su quanto vi persistano», racconta Marco Vecchiato, assegnista di ricerca al dipartimento di Scienze ambientali e ideatore della ricerca, firmata insieme ai ricercatori Simone Cremonese, Elena Gregoris, Elena Barbaro e ai professori Andrea Gambaro e Carlo Barbante, «noi abbiamo trovato tutte le 17 fragranze maggiormente utilizzate nei detergenti in tutti i 22 siti oggetto di campionamento tra centro storico, Burano e in laguna nord: nei canali interni in concentrazione fino a 500 volte maggiore rispetto alla laguna, dove pure arrivano, segno di una loro persistenza». Tra quelle più frequenti, il Benzil Saliciato, noto allergizzante per l’uomo. «Per queste molecole non esistono limiti di concentrazioni», prosegue il ricercatore, «siamo alla prima fase, siamo andati a vedere se ci sono: e le abbiano trovate, non solo in città, ma anche in laguna. Nessun allarmismo, ma la curiosità scientifica di approfondire un tema sinora inesplorato. Al momento possiamo dire che queste fragranze vengono emesse persistentemente nei canali di Venezia e in laguna: le concentrazioni sembrano essere inferiori alla soglia di tossicità per gli organismi marini, ma non conosciamo le conseguenze di un’esposizione prolungata a basse dosi di queste sostanze. Questo studio è il primo passo per comprenderne il destino ambientale». Una ricerca che, però, ora ha bisogno di finanziamenti per proseguire e rispondere alla domanda delle domande: sono dannose o no queste sostanze? (r.d.r.)
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