Porto di Venezia: appello a Roma per fondi, conca Mose e procedure Via

Per completare gli interventi servono 186 milioni di euro. Di Blasio: «Il mio futuro? Restare». L’allargamento a Porto Viro

Francesco Furlan
Il porto di Venezia
Il porto di Venezia

Il Mose, le barene, le crociere ma anche i container, gli escavi e i fanghi da ricollocare. Roma non capisce la complessità del porto di Venezia? «Portiamo il porto di Venezia a Roma», è stata l’idea del presidente dell’Autorità portuale, Fulvio Lino di Blasio. Mica per una gita, ma per far vedere «a chi può decidere e incidere», per usare le parole di Di Blasio, i progetti in corso, e mostrare ciò di cui c’è bisogno.

Il presidente dell’Autorità portuale, Fulvio Lino di Blasio
Il presidente dell’Autorità portuale, Fulvio Lino di Blasio

Senza tanti giri di parole: risorse e tempi certi per le procedure della Valutazione di impatto ambientale (Via), ma non solo. Perché sul tavolo del confronto ci sono anche altri temi: la conca alla bocca di porto di Malamocco per far passare le navi quando le barriere del Mose sono alzate, «i cui costi di funzionamento non possono gravare sugli operatori». La Zls, per la quale serve un piano di finanziamento «di almeno 7 anni». E l’allargamento del perimetro portuale con l’obiettivo, condiviso dalla Regione, di far ricadere sotto l’Autorità portuale l’area del rigassificatore di Porto Viro.

L’incontro

La terrazza romana scelta per l’incontro del 27 febbraio sera dedicato al sistema portuale del Veneto è piena. Tanti veneti - «così tanti veneti tutti insieme li ho visti solo al Vinitaly», esordisce con una battuta Di Blasio - e una fetta della Roma ministeriale: dirigenti, parlamentari che siedono nelle commissioni che si occupano di ambiente e portualità (Deidda, Grippo, Pretto, Traversi e Pastorella). Ci sono Renato Brunetta e l’ammiraglio Filippo Marini, comandante del Porto di Venezia. C’è anche la vice-ministro all’Ambiente Vannia Gava. Ai più maliziosi però non sfuggono le assenze. Per esempio: non c’è il viceministro alle Infrastrutture Edoardo Rixi, l’uomo dei porti del ministero guidato da Salvini; non c’è il presidente dell’Autorità per la laguna Roberto Rossetto.

«Perché tutti questi veneti a Roma? Abbiamo fatto uno studio», spiega Di Blasio, «e abbiamo visto che a Roma non si comprende la difficoltà di fare logistica, dragaggi, a Venezia». «Se l’anno scorso siamo riusciti a raggiungere i 24 milioni di tonnellate di merci movimentate», dice, «è stato un piccolo miracolo».

Parla dell’equilibrio da trovare tra porto e laguna, delle attività portuali come alternativa alla monocultura turistica. Dello sforzo per realizzare il sistema degli approdi diffusi e far ripartire, se pur a marcia ridotta, il settore delle crociere.

E ricorda che anche un colosso come la Volkswagen ha scelto Porto Marghera come hub per il trasporto delle sue auto. E ora, dice Di Blasio, il porto è ad un punto di svolta: «Ci sono dossier importanti: ed è il motivo per cui siamo qui».

Sullo schermo scivolano le slide. La nuova isola per il conferimento dei fanghi (ora alla Commissione Via): l’escavo del Vittorio Emanuele per far arrivare le navi da crociera lunghe 230 metri e fino a 55 mila tonnellate (documentazione per la Via già inviata al ministero); il Terminal per le crociere sul canale Nord sponda Nord «al quale si potrebbe arrivare anche in treno»; l’intervento per garantire l’accessibilità sul Malamocco-Marghera.

Un elenco al quale va aggiunto il terminal ex Montesyndial. All’appello, per completare i lotti successivi al primo dei cinque progetti, c’è bisogno di 186 milioni di euro. «Per Montesyndial, per esempio, ci sono già degli operatori interessati», aggiunge Di Blasio.

Gli dà manforte la vicepresidente della Regione, Elisa De Berti. Ricorda che «il porto di Venezia e Chioggia è il porto di tutto il Veneto», accenna al progetto di allargare la conterminazione dell’autorità portuale a Porto Viro.

Il dibattito

Nel dibattito che segue Enrico Maria Pujia (capo del Dipartimento per i trasporti) dice che «per la prima volta vedo una pianificazione degli spazi marittimi» mentre Alessandro Santi (vice-presidente di Venezia Port Community) rilancia l’appello per fare finalmente di Venezia un porto regolato, autonomo nel gestire i servizi marittimi e operativo h24.

Leopoldo Destro (delegato del presidente di Confindustria ai Trasporti) ricorda che fa bene Di Blasio a dire che serve continuità nei finanziamenti della Zls, con un piano almeno settennale «ma poi è importante che le aziende sfruttino questa possibilità» perché fino ad ora, su 80 milioni di credito di imposta, ne è stato usato meno di uno.

E mentre il viceministro all’Ambiente Gava chiude l’incontro sottolineando che «il suo ministero non vuole essere additato come quello che blocca ma come quello che fa fare le cose nella tutela ambientale garantendo dragaggi più snelli e veloci, in sicurezza, per assicurare accessibilità ai porti», nell’avvicinarsi al tavolo del buffet tutti si chiedono: che ne sarà di Di Blasio il cui mandato scadrà a maggio? Il porto Taranto, che in molti indicavano come un suo obiettivo, sembrerebbe già occupato. «Io voglio restare a Venezia, l’ho già detto, devo ribadirlo?». 

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