Pontini al lavoro come impiegata «Non farei più la professoressa»

Da docente di inglese al liceo classico Polo a impiegata dell’ufficio scolastico regionale. Dopo la sospensione dal lavoro per le frasi razziste su Facebook, ieri per Fiorenza Pontini, in virtù dell’accordo siglato tra il Ministero dell’Istruzione e gli avvocati Paolo Seno e Marco Rigo davanti al giudice, è stato il primo giorno di lavoro. Si è presentata puntuale alle 8.30 ed è entrata nel palazzo per adempiere alle formalità burocratiche.
Come affronterà questa giornata?
«Con grande liberazione e serenità. Il nuovo contratto prevede 36 ore settimanali, 6 ore per 5 giorni e 2 rientri. A ottobre ci trasferiamo a Mestre. Sono stata assegnata all’ufficio economato ma chiederò il trasferimento all’ufficio a cui competono i progetti con l’estero. Mi mancherà il rapporto con gli studenti, ho insegnato per trent’anni. È arrivato il momento di staccare con la scuola: a sessant’anni un giro di vita ci vuole. Il percorso lavorativo dovrebbe durare circa 6 anni, ma se il mio contratto prevede una finestra di uscita la prenderò».
Ora cosa accade?
«Cerco di dimenticare i sette mesi di incubo e affronterò il processo. Non sarà facile, non potrò perdonare chi al Polo mi ha fatto del male: la docente Renata Mannise e la dirigente scolastica Annavaleria Guazzieri. Per di più la prima, che ha dichiarato pubblicamente che io «Non sono adeguata all’insegnamento», dovrebbe farsi un esame di coscienza. Però non voglio né ulteriori strascichi, né nuove polemiche».
Con i suoi post estivi su Facebook si è cacciata da sola in un tunnel senza luce...
«Inesperta di web, pensavo ad un profilo protetto. La mia reazione agli attentati terroristici, in particolare quello al Bataclan a Parigi, è stata dettata dalla paura. Conoscevo Valeria Solesin, compagna di classe di uno dei miei gemelli. Sono un tipo esplosivo ed esuberante; talvolta mi danneggia, talvolta mi avvantaggia. Con i vigilantes africani del supermercato Despar in Strada Nuova ho un ottimo rapporto. Spesso mi fermo a chiacchierare, quando mi vedono cupa in viso mi incoraggiano a superare questo momento di difficoltà. A loro dico: grazie».
Com’è stato questo periodo?
«Ho sofferto molto e ho pianto tanto con crisi violente. La mia salute se ne è andata e anche le mie notti. Mi hanno aiutata mia sorella, i miei due figli, i miei tre avvocati e Cleo. È la mia cagnolina che ogni giorno mi obbligava e mi obbliga a uscire. Adoro gli animali, prima di lei avevo un altro cane, Paul. I loro nomi sono tatuati sulle mie braccia, uno a destra e uno sinistra».
Cosa non farebbe più?
«L’insegnante. Questo lavoro ti coinvolge, te lo porti a casa, gli studenti ti contattano di continuo. Ricordo un episodio: insegnavo al Benedetti, il giorno prima degli esami un ragazzo mi ha chiamata cinque volte. L’ho sempre rassicurato».
E cosa farebbe ancora?
«La mamma. Come professione, invece, la guida turistica».
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