Pipino, la sua storia ora è un film «La mia vita tra arte, furti e rose»

La avventure del ladro raccontate in una produzione della tv svizzera La firma è del regista Alberto Negrin, ieri le riprese al carcere di Vaud 

la storia

«Ancora si ricordano di quando gli lasciai la rosa sul letto, prima di evadere. Mi hanno accolto come fossi un principe, non me l’aspettavo». Vincenzo Pipino, 75 anni di cui un terzo in prigione, risponde al telefono appena fuori dal carcere di Vaud, in Svizzera. Quello da cui, la notte di Natale del ’73, riuscì a fuggire. Ha appena terminato un’altra giornata di riprese. Il regista Alberto Negrin, autore di “Anne Frank”, “Borsellino”, “Perlasca” e “Bartali”, da qualche settimana sta girando un documentario sul “ladro gentiluomo veneziano”, che la Nuova Venezia aveva anticipato nell’intervista a Pipino. Ha raccolto le testimonianze di chi gli ha dato la caccia, come l’ex sostituto procuratore della Repubblica Francesco Saverio Pavone e l’ex capo della Mobile Antonio Palmosi. E ha ascoltato i racconti del diretto interessato, dei sui furti più clamorosi: come quello del Fontegheto della farina di Canaletto da casa Falck e quello della Madonna del Vivarini da palazzo Ducale,o quelli a Charlie Chaplin e Cary Grant.

Il docufilm di Negrin, prodotto per la televisione svizzera, ancora non ha un titolo né una data d’uscita. L’evasione dal carcere di Vaud, però, era uno dei tasselli fondamentali delle riprese. «Da buon italiano», racconta Negrin, «ero convinto che appena entrati l’arrestassero. Invece il direttore gli ha stretto la mano e si è fatto raccontare la fuga. Pensi, hanno pure conservato in un museo gli strumenti che usò quella notte, incredibile». Terza azienda agricola del paese, celle più che dignitose («altro che la situazione italiana»), nel carcere svizzero è l’ammirazione verso il Pipino professionista fuorilegge che colpisce di più il regista: «Un artista, mai violento, rispettoso dei bisognosi, che si divertiva nel fare ciò in cui era più capace». Eppure, a distanza di decenni, «castigare» i ricchi - così Pipino chiama il rubare - per lui è rimasta un’azione senza peccato. «Ho iniziato a 7 anni, ma per me i soldi, alla fine», spiega, «sono carta straccia. Ora vivo con la pensione e mi diverto dietro la telecamera. E a luglio è già pronto il contratto con la 20th Century Fox…». —

Eugenio Pendolini



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