"Paura con il coronavirus? Sì, per la famiglia. Dura vivere senza abbracci»

MESTRE. I giorni terribili sono ormai alle spalle, ma ha tremato e ha avuto paura, più per la moglie e per le due figlie che per se stesso. Antonio Vacca, centrocampista napoletano del Venezia, è finora l’unico giocatore di Serie B che sia stato colpito dal coronavirus. Adesso sta bene, i sintomi sono scomparsi, è guarito a casa, senza dover andare in ospedale, ma il ritorno in campo, qualora dovessero riprendere gli allenamenti, potrebbe essere posticipato rispetto ai compagni di squadra visto che il protocollo stilato dalla Federcalcio prevede una serie di esami supplementari per un calciatore colpito dal virus. Giorni complicati e di attesa per Antonio Vacca anche perché tra quando sono emersi i primi sintomi e quando è finalmente riuscito a sottoporsi al tampone sono trascorsi alcuni giorni.
Come è la situazione adesso?
«Va decisamente meglio, anche perché è trascorso più di un mese da quando ho avvertito i primi sintomi. Per fortuna non avevo sostenuto gli ultimi allenamenti con la squadra dopo la partita con il Crotone. Era da qualche giorno che non avevo contatti con i miei compagni quando ho avvertito le prime avvisaglie che qualcosa non andava».

Riducendo quindi il rischio di aver contagiato altri giocatori del Venezia. I dubbi, le paure, ricordi ben scolpiti nella mente di Vacca: giornate difficili da superare?
«Molto, soprattutto quando la situazione è degnerata. È iniziato tutto la sera del 12 marzo, febbre alta a 38°, che mi è rimasta inalterata per 3-4 giorni, poi è arrivata anche la tosse che mi ha accompagnato dalla mattina alla sera. Ho capito che non era una semplice influenza, ho cominciato ad avere i primi dubbi così ho subito avvertito i miei dirigenti, il medico del Venezia mi ha seguito passo a passo e il club si è attivato per sottopormi al tampone. Poi è arrivato anche il mal di testa, pazzesco. Ho avuto altre volte la febbre alta, in questa occasione non riuscivo nemmeno ad alzarmi dal letto o dal divano».
Giornate d’attesa per sapere se era positivo o no al coronavirus: una vita quotidiana stravolta?
«Non ho avuto paura per me stesso, quanto per mia moglie e per le mie due figlie, che hanno 6 e 8 anni. Per giorni siamo stati vicini, il timore di aver allargato il contagio in casa c’è stato. Adesso viviamo separati, io in una camera, mia moglie e le bimbe in un’altra. Usiamo bagni diversi, mangiamo a orari diversi, io leggo e guardo la televisione, come avere una vita diversa. Mi manca giocare con loro, le sento ridere e scherzare e io non posso avvicinarmi e partecipare alla loro gioia. Non è semplice stare lontano dalle persone che ami pur essendo così vicine, ma so che tra un po’ ritornerò ad abbracciarle perché tutto si è risolto nel migliore dei modi».
Come sono stati i giorni d’attesa dopo il tampone?
«La società si è subito attivata, è stato seguito l’iter di una persona qualsiasi che inoltra la richiesta. Ho accusato i primi sintomi la sera del 12 marzo, il tampone, poi risultato positivo, è stato effettuato il 26, quando il peggio lo avevo lasciato ormai alle spalle, diciamo che attorno al 20 la situazione ha iniziato a migliorare, ma una settimana dopo sono risultato ugualmente positivo».
Dopo l’infortunio al polpaccio destro, ecco il coronavirus: un’annata complicata?
«“Tanto, pensavo di essermi lasciato il peggio alle spalle, guarendo dall’infortunio, poi è arrivato anche il virus. Sono giornate difficili per tutti, io ne sono uscito, ma le notizie che si sentono e si leggono sono sempre difficili da accettare».
Come hanno reagito parenti, amici, compagni ed ex compagni?
«Ho avuto un grandissimo affetto, ho perso il conto dei messaggi, delle telefonate, dei video messaggi che ho ricevuto. Ho dovuto stamparmeli per richiamare tutti, credo di aver finito solo lunedì sera».
Credi che il calcio posso ripartire e che sia possibile la ripresa del campionato di Serie B?
«In questo momento non ci sono ancora le condizioni per ripartire, i contagi non sono spariti, basta sentire le notizie ogni giorno: la diffusione del virus non è cessata, continuano i decessi. Ho parlato con i medici che ho avuto in altre società e con altri, la situazione non è ancora stata risolta. Il pericolo c’è ancora, non è stato debellato completamente. Il rischio di ripartire e fermarsi nuovamente per nuovi contagi esiste, non possiamo correre questo pericolo. Basta solo pensare a quando una squadra dovrà andare eventualmente in trasferta. La salute è un bene, viene prima di tutto. E non lo dico perché sono stato direttamente coinvolto». —
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