Pasta frolla, caramelle e tante varianti. Il dolce di San Martino e la festa popolare

Non c’è vetrina di pasticceria che in questi giorni non esponga il tradizionale dolce di pasta frolla che, da tempi immemori, si prepara alla vigilia dell’11 novembre. La festa è molto sentita.

VENEZIA. Non c’è vetrina di pasticceria che in questi giorni non esponga il tradizionale dolce di pasta frolla che, da tempi immemori, si prepara alla vigilia dell’11 novembre. La festa è molto sentita nel Veneziano e ogni anno i nonni raccontano ai nipoti la leggenda del Santo vissuto fra il 316 e il 396, che fu prima soldato e poi vescovo di Tours e che per questo è patrono dell’arma della fanteria. Durante una giornata piovosa, Martino donò a un vecchio infreddolito e coperto solo di stracci il suo mantello. Giunta la notte, Gesù apparve in sogno a Martino ringraziandolo per il gesto compassionevole.



La storia è conosciutissima. Meno nota, invece, l’origine della festa, del dolce e dei numerosi canti dedicati al Santo. I festeggiamenti dell’11 novembre non sono infatti dovuti alle virtù militari di Martino o alla leggenda del mantello; il culto è legato al mondo contadino e non c’è Paese in campagna che non gli abbia dedicato almeno un capitello. L’11 novembre cadeva infatti la ricorrenza della conclusione dell’annata agraria. Era tempo di bilanci per i contadini che si apprestavano a incassare o a pagare i debiti. Era il momento in cui venivano rinnovati i fitti con i proprietari terrieri e i patti di mezzadria. Se il raccolto era stato fruttuoso, il contratto veniva rinnovato, se invece le cose erano andate male. il contadino era costretto a “far samartin” cioè a traslocare. Nel caso positivo si faceva una gran festa e contadini intonavano serenate per elogiare le doti del padrone che li ripagava con vino e castagne.



La tradizione di mangiare castagne e bere vino è rimasta. Le vecchie “serenate” si sono invece trasformate nell’usanza di cantare “a questua”, un po’ persa negli ultimi anni, che vedeva ragazzi e bambini girare per i negozi sbattendo pentole e intonando canti a San Martino nella speranza di ricevere dolci o qualche soldo. Tra i canti di questua, il più celebre: “San Martin xe ‘andà in soffitta a trovar la so novissia, so novissia no ghe gera, San Martin col cul par tera”. Ma ce ne sono tanti, come racconta Vanna Purisiol, che per oltre trent’ anni ha insegnato nella scuola materna comunale di Sant’Elena a Venezia. In alcuni canti si adulavano le ragazze, in altri i padroni di casa o dei negozi per richiedere doni. Se non arrivano ecco il canto “Tanti ciodi ghe xe su sta porta, tanti diavoli che te porta, tante croste ghe xe su sto muro, tante brose te vien sul culo. E col nostro sachetin, cari signori xe San Martin”.

Sulle origini del dolce di pasta frolla, le storie sono tante. Tra le più accreditate quella che lo attribuisce pasticceri provenienti dal Canton dei Grigioni, presenti a Venezia sin dal XV secolo. La forma con il Santo a cavallo sarebbe invece stata ripresa dal bassorilievo collocato nell’oratorio attiguo alla chiesa di San Martino. Probabilmente la più celebre chiesa dedicata al Santo che si trova a Venezia, nel sestiere di Castello vicino all’Arsenale.

Molte le iniziative promosse per celebrare la festa. In sala consiliare a Marghera, c’è stato un incontro organizzato da “Marghera 2000” in collaborazione con Vela e l’Amministrazione. Volontari della biblioteca “Il Mondo di Tabata” hanno illustrato ai bimbi delle materne la vita del Santo. Poi sono stati consegnati agli asili nido oltre 900 piccoli San Martino offerti dalla pasticceria Milady di Trieste. La festa continua domani dalle 10, in piazza Mercato a Marghera.

La ricetta. Tante le varianti per preparare il tradizionale dolce di pasta frolla, ogni buon pasticcere ha il suo segreto. Gli ingredienti base sono: farina tipo 0 (1 kg), burro o margarina (0,50 kg), zucchero semolato (0,50 kg), 6 uova, sale (10 g), aromi al limone o vaniglia. Le dosi cambiano, e vanno proporzionate alla grandezza che si vuole ottenere. Si comincia unendo il burro morbido, non da frigo, con lo zucchero. Aggiungere le uova e poi, in ultima, la farina e gli aromi. Impastare il tutto in maniera omogenea. Tirare quindi la pasta, circa un cm, e dopo averle dato la tipica forma di cavaliere a cavallo, infornare a 180-200 gradi per 15-20 minuti finché la pasta non diventa dorata. Si passa quindi alla preparazione della glassa con zucchero a velo, albume d’uovo e alcune gocce di limone. Scaldare il composto in una pentola e mescolare bene con un mestolo. Ottenuta la consistenza desiderata, mettere la glassa sul cavaliere di pasta frolla e decorare con dolci e caramelle. Ed ecco pronto il tradizionale San Martino.



BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
 

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia