Palude Venezia, 30 mila pagine d’inchiesta: è corsa contro il tempo per le difese
Gli avvocati dei 34 indagati nell’inchiesta Palude hanno 20 giorni per esaminare oltre 30 mila pagine di atti e presentare memorie o richieste di interrogatorio

Oltre trentamila pagine. Verbali e documenti da studiare in venti giorni, a partire da domani. Da quando cioè sarà possibile ottenere una copia forense dei fogli che danno sostanza all’inchiesta Palude.
Una vera e propria corsa contro il tempo, quella a cui fino ai primi giorni di marzo andranno incontro gli avvocati difensori delle 34 indagati finiti sott’accusa - a vario titolo - dai pubblici ministeri Roberto Terzo e Federica Baccaglini.
Giornate frenetiche, con gli avvocati che da venerdì - giorno della notifica dell’avviso di chiusura delle indagini - si affacciano in tribunale per ottenere copia dell’indice della grande mole di documenti raccolti in questi ultimi anni di indagini.
Con i termini che inizieranno a decorrere da domani, la norma prevede che i difensori abbiano 20 giorni dalla notifica della chiusura indagini per valutare gli atti a fascicolo, presentare memorie o avanzare richieste di interrogatorio per i propri assistiti.
Ma per molti legali sarà la prima opportunità di prendere visione di migliaia di pagine per la prima volta in assoluto, tra cui verbali di interrogatori realizzati dai pubblici ministeri addirittura durante le ultime vacanze di Natale (tra cui ad esempio, la moglie dell’indagato Luis Lotti, braccio destro in Italia del magnate Kwong).
La Procura fa sapere che se il deposito è caduto di venerdì è stato per una casualità e che non sarà in alcun modo fiscale nella scadenza dei termini, rendendosi conto che con 34 indagati il via vai tra la sala intercettazioni e l’ufficio copie, ed eventuali richieste di interrogatorio, sarà complicato. I termini saranno quindi più elastici.
Quando i termini saranno dichiarati ufficialmente scaduti, la Procura tirerà definitivamente le fila dell’inchiesta e deciderà per chi chiedere il rinvio a giudizio.
In teoria, potrebbe convincersi - se arrivassero spiegazioni dalle difese o interrogatori degli indagati - di prosciogliere dalle accuse alcuni e chiedere il processo per gli altri. Segnali in questo senso sarebbero potuti già arrivare con la notificazione della chiusura delle indagini.
E indicazioni sono in effetti arrivate, ma in senso opposto, con la Procura che è andata dritto per la sua strada, convinta di avere le prove per muovere accuse di concorso in corruzione - oltre alla rosa di imprenditori citati a giudizio come beneficiari delle “attenzioni” dell’ex assessore Renato Boraso, quotidianamente impegnato secondo le carte dell’accusa nelle sue operazioni da “lobbista” a favore di questo o quell’azienda compiacente - anche ai vertici dell’amministrazione cittadina, a partire dal sindaco Luigi Brugnaro e dal suo staff, ma anche nei confronti di altri dirigenti pubblici o di aziende comunali che i pubblici ministeri Federica Baccaglini e Roberto Terzo ritengono abbiano quantomeno coperto gli affari di Boraso, prestandosi a dargli informazioni che avrebbero dovuto restare riservate su gare d’appalto.
Turbativa d’asta, è l’accusa per loro. Una volta che questa fase di confronto finale pre-giudizio tra Procura e difese sarà ultimata, i pm Terzo e Baccaglini chiederanno i rinvii a giudizio. E a decidere dovrà essere un giudice per le indagini preliminari.
Esclusi i giudici che si sono già espressi nel corso dell’inchiesta (come il presidente dell’ufficio Alberto Scaramuzza, che ha firmato le misure cautelari), il “fascicolo Palude” potrebbe approdare nella stanza della gup Carlotta Franceschetti, che ha già in carico le quattro richieste di patteggiamento sulle quali Procura e avvocati si sono accordati: per Renato Boraso e gli imprenditori Francesco Gislon, Daniele Brichese e Fabrizio Ormenese. Aggiornata l’udienza per la decisione al 16 maggio, c’è ora il tempo perché i due filoni vengano ricongiunti nelle mani della stessa giudice.
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