Ospitò il figlio del boss di un clan di camorristi: arrestato a Meolo

MEOLO. Arcangelo Cantiello, 64 anni, residente nel Sandonatese ma originario di San Antimo (Napoli) è considerato un gregario del clan camorristico Puca. Un gregario importante tanto che la DDA e i carabinieri di Napoli lo considerano un affigliato di fiducia. Del resto a lui si è rivolto Lorenzo Puca, 34 anni, figlio di Pasquale capo dell’omonimo clan, quando deve vivere da latitante appena sfuggito, a inizio 2012 ad una retata. Per sei mesi Cantiello sarà l’angelo custode del figlio del boss. E solo perché Lorenzo Puca ha dovuto prendere la reggenza del clan ed uscire dalla protezione dell’uomo fidato, è stato arrestato.
Ieri mattina Cantiello è stato arrestato e messo ai domiciliari. La stessa misura cautelare, riguarda oltre anche altre 58 persone appartenenti ai clan Puca, Verde e Ranucci tutti della periferia est di Napoli. In carcere grazie all’inchiesta su camorra affari e politica, sono finiti anche tre fratelli del senatore di Forza Italia Luigi Cesaro. Anche il politico è indagato. Non è la prima volta che succede.
Arcangelo Cantiello è accusato di favoreggiamento e di associazione mafiosa per aver ospitato tra la terraferma veneziana e il sandonatese Puca e di avergli pagato la latitanza. Dove abbia trovato i soldi non si capisce. Infatti lavora come aiuto pizzaiolo in locali della zona.
Avevano una cassa comune chiamata «cappello» per far confluire tutti i proventi delle attività illecite. I clan Puca, Verde e Ranucci avevano messo da parte ogni attrito per gestire gli affari e controllare la pubblica amministrazione nel comune di Sant’Antimo.
L’indagine della procura napoletana ricostruisce il salto di qualità di tre cosche, 30 anni di camorra nel Napoletano in cui i tre clan mettono da parte la conflittualità interna per proiettarsi a una condivisione degli affari “leciti” con l’obiettivo comune di aumentare il patrimonio. Le tre organizzazioni, in particolare i Puca, cosca di maggiore caratura criminale rispetto le altre due, hanno esercitato un invasivo condizionamento della pubblica amministrazione. Le pratiche di condono edilizio e in generale la gestione del’Ufficio tecnico del Comune di Sant’Antimo erano al centro degli interessi speculativi dei tre gruppi e di chiunque fosse intenzionato a edificare in violazione della legge. Monitorati e ricostruiti i profili penali di numerose procedure di appalto, per circa 15 milioni di euro. Indagini difficili non solo per la complessità e delicatezza vicende, ma anche perché gli inquirenti hanno avuto a che fare con una sistematica attività di depistaggio anche da parte di militari dell’Arma che per anni hanno tradito il giuramento di fedeltà alla Repubblica. A seguito dell’indagine sono stati sequestrati beni per un valore di 80 milioni di euro. —
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