Operai morti per amianto Indagini sull’acciaieria
DOLO. Rischiano di finire a processo i signori della siderurgia veneta. Il pubblico ministero padovano Sergio Dini ha sollecitato il giudizio nei confronti di Nicola Amenduni, 94 anni, e di Maria Gresele, 87, entrambi di Vicenza, titolari delle Acciaierie Valbruna spa, con sede a Piove di Sacco, azienda che tuttora occupa centinaia di lavoratori. Le accuse sono cooperazione in omicidio colposo in seguito al decesso di due operai colpiti, rispettivamente, da una neoplasia polmonare e da un mesotelioma pleurico maligno, malattie tipiche dell’esposizione all’amianto, il minerale bandito nel 1992 a causa della sua pericolosità.
Eugenio C. aveva lavorato per le acciaierie dal 9 gennaio 1973 al 23 settembre 1994 alla manutenzione dei forni: all’età della pensione la scoperta del tumore che ne ha provocato il decesso l’11 febbraio 2008. Roberto B., di Dolo, si era ammalato di un mesotelioma, anche lui dopo tanti anni in azienda. Un mesotelioma contro cui ha lottato con coraggio, prima di soccombere il 4 ottobre 2011. Molto articolate le contestazioni della procura ai vertici dell’azienda, dove per decenni è stato lavorato materiale contenente amianto. I due imputati sono chiamati a rispondere di aver omesso di informare i dipendenti dei rischi specifici propri delle lavorazioni a contatto con l’amianto e di non aver fornito idonei dispositivi di protezione, trascurando di predisporre ulteriori cautele per impedire la diffusione nell’ambiente di lavoro di fibre d’amianto. Fino al 1985, infatti, non sono stati installati nella fabbrica impianti di aspirazione e non sono state create pareti divisorie tra i locali, dov’era trattato l’amianto, e gli altri reparti. Ma c’è un’accusa più grave: quella di aver imposto, o almeno permesso, che l’amianto fosse lavorato e manipolato senza cautele di sorta, tanto che le lastre costituite dal minerale erano segate e rimosse senza alcuna protezione o barriera.
Cristina Genesin
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