Oggi Tessera ricorda il giovane Andrea Campana
Due anni fa l'incidente. La fidanzata: «Dopo la sentenza non crediamo più nella giustizia»

Andrea Campana morto per un incidente il 6 aprile del 2009
TESSERA.
Non riesce a darsi pace il fratello di Andrea Campana, Massimo, rimasto l'unico componente della famiglia. Oggi sono due anni dalla morte dell'alpino di 21 anni residente con la mamma in via Leonino Da Zara, a due passi dal canale Bazzera, in un condominio.
Un ragazzo solare, pieno di vita, con un sacco di amici e un affettuosissimo labrador nero, Leo, il quale la sera del tragico incidente ha atteso invano che il suo padroncino apparisse in fondo alla strada. Doveva tornare a casa per cena, Andrea Campana, quel 6 aprile di due anni fa. Sua madre, alla quale era attaccatissimo, lo attendeva con ansia. Quando gli agenti hanno suonato il campanello, credeva che fosse uno dei soliti scherzi del figlio. E invece il giovane, un metro e novanta e due spalle da giocatore di rugby, aveva incontrato la morte in sella alla moto del padre, mancato l'ottobre precedente dopo una lunga malattia. Nessuno a Tessera ha dimenticato il suo sorriso. Questa sera alle 18.30 gli amici e le tante persone che gli volevano bene si ritroveranno ancora una volta nella chiesa di Santa Maria Assunta per stargli vicino, anche se solo con la preghiera. La mamma di Andrea è mancata qualche mese dopo di lui, senza poter cancellare la sofferenza. Il fratello sta cercando di trovare gli appigli legali per ricorrere. Neanche Francesca Fachel, la sua compagna, riesce a trovare conforto: «Per noi la sentenza del Tribunale - spiega - è ingiusta e irrispettosa del nostro dolore. Chi riteniamo aver provocato l'incidente è in libertà e ha avuto praticamente il minimo della pena, mentre Andrea oramai non c'è più e nessuno ce lo restituirà. Aveva solo 21 anni, adesso ne avrebbe 23. Nei pochi anni che è vissuto ha fatto solo del bene agli altri: prima da volontario nei vigili del fuoco, poi quando si è ammalato il padre nella Croce Verde, successivamente si è arruolato e infine doveva prendere servizio nel Soccorso Alpino». Una giovane vita, la sua, ma tutta dedicata ad aiutare il prossimo. «Non crediamo più nella giustizia - prosegue la giovane - ci attendevamo una pena più severa per chi non si è accorto di averlo urtato e poi si è volatilizzato senza prestargli soccorso per comparire solo dopo essere stato identificato da un testimone, per noi - conclude la ragazza - è come se ce lo avessero ucciso due volte». (m.a.)
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