Non c’è sollecitazione alla violenza

VENEZIA. «La considerazione di Sebastiano Sartori rende palese l’adesione dell’imputato ad un universo culturale ostile all’integrazione etnica, ma la frase non sostanzia il reato di propaganda razzista». Così si concludono le motivazioni della sentenza con la quale il Tribunale, il 21 ottobre scorso ha assolto perchè il fatto non sussiste il segretario provinciale dell’organizzazione di estrema destra Forza Nuova e professore presso l’istituto alberghiero veneziano Barbarigo dall’accusa di istigazione alla violenza con l’aggravante dell’odio razziale. Il pubblico ministero ne aveva chiesto prima il giudizio diretto, quindi in udienza la condanna a otto mesi di reclusione, mentre il difensore, l’avvocato Federica Bertocco, si era battuta per l’assoluzione. Nei giorni scorsi il giudice David Calabria ha depositato le motivazioni che hanno convinto i giudici veneziani ad assolvere il professore.
Per il Tribunale, è documentalmente provato e pacifico che l’autore delle frasi incriminate sia stato Sartori (dopo un primo tentativo di dissociarsi, aveva ammesso la paternità di quelle frasi). Nel suo bloog aveva scritto, commentando la legge con cui si permetteva anche agli immigrati stranieri di poter partecipare ai concorsi pubblici, «gli amici degli allogeni li avete votati voi e ora ce la mettono nel c... Il cavallo di Troia lo avete trascinato voi dentro la città e ora siamo finiti». E aveva concluso con lo slogan «"Ku Klux Klan" unica via». Il magistrato estensore spiega che il messaggio è diviso in due parti: «La prima parte è una veemente e scomposta critica di natura politica all’innovazione legislativa. Mentre la chiosa finale è inidonea ad integrare gl i estremi di un istigazione alla commissione di atti di violenza per la sua assoluta genericità, difettando della benchè minima indicazione della condotta violenta oggetto di asserita sollecitazione». Nel documento si sottolinea ancora che si nota un’indeterminatezza del messaggio: si tratta di «un intervento finalizzato ad esprimere l’avversione ideologica per l’equiparazione degli stranieri ai cittadini italiani, piuttosto che a suscitare imprecisate reazioni violente. L’espressione non si sostanzia in una reale sollecitazione alla violenza, bensì si tratta di una replica scomposta, di una scriteriata invettiva, di un’ iperbolica reazione» alla nuova normativa sui concorsi pubblici. Tutto questo inserito in un contesto di aspra contestazione sindacale in difesa dei precati della scuola.
Giorgio Cecchetti
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia