«Noi vongolari difendiamo il mare»

La categoria risponde alla accuse di iper sfruttamento: «Abbiamo quote prefissate. Sarebbe dannoso pescare di più»
Di Renzo Mazzaro

CHIOGGIA. «Con la mia barca ero a 600 metri da riva», dice Michele Boscolo Marchi sbandierando un verbale di ispezione a bordo, fattogli dalla Capitaneria di porto. È datato 27 luglio, qualche giorno dopo che un articolo del nostro giornale aveva segnalato turbosoffianti che pescavano a sfioro dei moletti sommersi da Pellestrina a Malamocco e perfino a ridosso della diga di Ca’ Roman. Ben al di sotto del limite consentito, un terzo di miglio, che per la precisione sarebbero 617 metri dalla costa. Fatto osservato da testimoni oculari.

Sia stato l’articolo o no, lo stesso giorno scattavano controlli anche al Cavallino e a Caorle. «Ma sempre con lo stesso risultato», sostiene Boscolo «nessuna barca pescava sotto il limite previsto». «L’unico risultato dell’articolo», rincara Antonio Gottardo, responsabile Legacoop pesca del Veneto «è stato far consumare gasolio alle forze dell’ordine».

Il Cogevo. Michele Boscolo Marchi è presidente del Cogevo di Chioggia, consorzio di gestione e tutela dei molluschi bivalvi: le vongole di mare o “bevarasse” da non confondere con le vongole veraci o “caparozzoli”, che si pescano in laguna. Le vongole di mare si catturano trainando sul fondale una gabbia metallica che penetra per 5 centimetri e spara acqua in pressione per sollevare quello che c’è nel sedimento. La turbosoffiante, appunto. Gli interessati preferiscono chiamarla draga idraulica: “turbosoffiante” evoca il nemico, è parola odiata dagli ambientalisti. «Invece noi vogliamo collaborare con il mondo intero», proclama Boscolo. Con lui e Gottardo ci sono il direttore del Cogevo chioggiotto Roberto Varagnolo e l’aministratore delegato Norge Netti Tiozzo. Più Alessandro Faccioli di Coldiretti pesca. Più Gianni Stival, presidente del Cogevo gemello di Venezia, ma impossibilitato a partecipare e presente solo per delega. In realtà Stival nulla sapeva dell’incontro, ma non si offende quando glielo diciamo. Ha altri nemici. Il Cogevo fa quadrato per rimontare la pubblicistica contraria. Questo consorzio unisce le marinerie del compartimento di Chioggia e di Venezia: oltre 200 barche con relativi equipaggi che pescano vongole.

La mela marcia. «Siamo il fiore all’occhiello della categoria, le sentinelle del mare, abbiamo fatto un fermo volontario non retribuito di tre mesi, facciamo gestione della risorsa con aree di riproduzione e di ripopolamento» parte in quadra Boscolo. «Certo, c’è sempre la mela marcia. Ma siamo i primi a denunciarlo. Purtroppo abbiamo contro i poteri forti». E chi sarebbero? «L’inquinamento, i fiumi che scaricano in mare, il terminal gasiero, il Mose, adesso anche il porto off shore. Il pesce quando è in pericolo si sposta, i molluschi no. Muoiono e basta. Dal 2008 al 2011 c’è stata una moria totale di vongole e non si è ancora scoperta la causa».

L’organizzazione. Le barche del Cogevo pescano vongole già vendute: ogni pomeriggio nella sala operativa del consorzio arrivano le ordinazioni di grossisti per il giorno dopo. Si pesca solo quello che serve. Il quantitativo viene spalmato in parti uguali su tutte le barche. Entro le 18,30 ogni armatore riceve il messaggio della quota da pescare, che viene comunicata alle Capitanerie. Viene deciso anche il prezzo. Controproducente dunque pescare di più. Le barche escono alle 3,30 e rientrano quando hanno totalizzato la quota. Il quantitativo massimo giornaliero è 4,5 quintali ma se le ordinazioni calano diminuisce anche la quota. La settimana scorsa il quantitativo era: lunedì 4 quintali, martedì 4 e mezzo, giovedì 3,6 e venerdì 3,1. Il mercoledì non si pesca d’estate.

I prezzi. Per un chilo di vongole il costo riconosciuto al produttore è 2,30-2,50 euro al netto di Iva. Ma il consumatore paga 10-12 euro, cinque volte tanto. «Troppi intermediari. Stiamo lavorando per saltarli», dice Boscolo. Il 6 settembre verrà firmato dal notaio il rogito per l’acquisto anche a Chioggia di una struttura commerciale sull’esempio di quella aperta 6 anni fa a Caorle dal Cogevo di Venezia. Se l’è inventata Gianni Stival, il quale 8 mesi fa ha lanciato anche il prodotto congelato. È stato un successo, al punto che da settembre sarà in vendita il vasetto di vongole congelate preparate con il sugo di pomodorini freschi. Basterà metterle sul fuoco, farle aprire e spadellare con gli spaghetti. Attenzione: il prodotto congelato non è l’invenduto. Le vongole sono pescate, trattate e subito congelate per conservare l’aroma.

Impatto ambientale. È innegabile. Al Cogevo invocano come attenuante i limiti di tempo e di orario che la categoria si è data. I disciplinari rigorosi. Il progetto pilota per una gestione controllata del mare, che fa di loro una «categoria di eccellenza». «Magari la pesca a strascico imparasse da noi», dicono. Se metti in discussione l’invasività dell’attrezzo, ti rispondono che è omologato dalle autorità e si usa in tutta Italia. Se parli della potenza dei motori che trasforma le turbosoffianti in aratri, ti obiettano che nella tubazione portante c’è una valvola omologata Rina che eroga un massimo di 1,8 atm. Si può bypassarla, certo, ma si ricade nella mela marcia che c’è dappertutto. Se citi il contenzioso con l’Unione Europea che vuole togliere la deroga alle 3 miglia, si dicono pronti a sfidare Bruxelles per portare il limite in Adriatico addirittura alla battigia. Motivo? «Nel nostro mare le vongole non si trovano oltre il miglio dalla costa. Il cannolicchio per esempio è a riva».

Pesca di rapina. «I veri banditi sono quelli che pescano in laguna con la rasca a idrogetto, le vibranti, qualunque altro sistema meccanico», contrattacca Michele Boscolo. «Hanno barche uguali alle nostre ma non sono né gestiti né autogestiti. Quello è il vero Far West». «I controlli in laguna spetterebbero al Gral, società della Provincia di Venezia, ma è un carrozzone creato solo per pagare i consiglieri di amministrazione», va giù duro Antonio Gottardo. «Non si finirebbe più di parlarne. Basti pensare che il Magistrato alle acque cede al Gral la concessione lagunare a 37 euro l’ettaro ma il Gral la gira ai pescatori e alle cooperative a 380 euro l’ettaro. Assurdo».

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