Niente assoluzione per Orsoni e Piva Prescrizione come in primo grado

L’ex sindaco prese soldi in nero per la campagna elettorale, l’ex Magistrato alle Acque era a libro paga di Mazzacurati
L'ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni in un'immagine del 2014. ANSA/ANDREA MEROLA
L'ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni in un'immagine del 2014. ANSA/ANDREA MEROLA



Niente assoluzione nel merito nel processo d’appello per lo scandalo Mose per l’ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni e per l’ex presidente del Magistrato alle Acque Maria Giovanna Piva, dopo che in primo grado per un capo d’imputazione ciascuno era stato dichiarato il non doversi procedere per prescrizione. Una formula, questa, che allora era stata stretta ad entrambi ma che ieri pomeriggio è stata confermata dai giudici della seconda sezione penale della Corte d’Appello di Venezia che hanno rigettato i due ricorsi. I reati contestati, quindi, sono stati commessi, ma è trascorso troppo tempo da allora. Il dispositivo è stato letto dal presidente Carlo Citterio (a latere Antonella Galli e Cristina Cavaggion) poco dopo le 15, al termine di sei ore di camera di consiglio.

sentenza confermata

La sentenza è una sostanziale conferma di quella di primo grado pronunciata dal tribunale di Venezia il 14 settembre 2017, pur con la scure della prescrizione che nel frattempo si è abbattuta. Lo stesso procuratore generale Alessandro Severi nella requisitoria aveva evidenziato la solidità dell’impianto accusatorio in primo grado sostenuto dai pm Stefano Ancilotto e Stefano Buccini e l’attendibilità delle dichiarazioni di Giovanni Mazzacurati. Punto, quest’ultimo, su cui le difese (in particolare quelle di Piva e dell’imprenditore romano Erasmo Cinque) hanno battagliato.

orsoni e piva

Entrambi puntavano all’assoluzione nel merito partendo da una dichiarazione di prescrizione. L’ex sindaco per l’accusa di aver preso 200 mila euro in nero per la campagna elettorale da Mazzacurati tramite il segretario Federico Sutto; la seconda per essere stata a libro paga del deus ex machina del Cvn. Il difensore di Orsoni, l’avvocato Carlo Tremolada, aveva puntato su una sentenza della Cassazione secondo cui il finanziamento illecito è un reato non contestabile a un candidato sindaco, ma solo a un candidato consigliere. E quindi non contestabile ad Orsoni. L’avvocato Emanuele Fragasso per Piva, invece, aveva imperniato la difesa sull’inattendibilità di Mazzacurati e dell’altro grande accusatore, Piergiorgio Baita. Appelli entrambi bocciati, con Orsoni e Piva condannati a pagare le spese di giudizio. «Le sentenze si impugnano o si eseguono», ha tagliato corto il difensore di Piva. L’imputata, sempre presente alle udienze, ieri non c’era: troppo caldo.

il caso matteoli

Naufragato il ricorso post mortem presentato per salvare il buon nome dell’ex ministro alle Infrastrutture e Ambiente Altero Matteoli, in primo grado condannato a 4 anni per corruzione. L’Appello ha dichiarato il non doversi procedere perché il reato è estinto per morte dell’imputato, revocando come previsto dal codice le statuizioni civili che non peseranno sugli eredi.

falconi e i risarcimenti

L’unica posizione su cui l’appello ha veramente inciso è quella dell’imprenditore veneziano Nicola Falconi, difeso dall’avvocato Pierpaolo Dell’Anno, in primo grado condannato a 2 anni e 2 mesi per corruzione e finanziamento illecito. La pena è stata cancellata dalla prescrizione maturata nel frattempo. Ma soprattutto i giudici d’Appello hanno revocato la condanna al risarcimento danni, in solido con Erasmo Cinque e Altero Matteoli, per il capo d’imputazione delle bonifiche a Porto Marghera e, con riferimento al capo d’imputazione della corruzione all’ex presidente del Magistrato alle Acque Patrizio Cuccioletta, riducendo le provvisionali a favore degli enti costituiti. Il conto da pagare a carico di Falconi passa quindi da 3 milioni a 150 mila euro. «È stato tolto l’ergastolo economico», hanno esultato i difensori, «Falconi, che è stato un capro espiatorio, esce indenne dal processo».

cinque e crialese

Nessun ritocco sulla pena per Erasmo Cinque, imprenditore romano a capo della Socostramo e amico dell’allora ministro Matteoli, condannato in primo grado a 4 anni per corruzione in relazione ai lavori di marginamento di Porto Marghera affidati alla sua azienda senza gara. I suoi avvocati Marco Vassallo e Pietro Pomanti hanno ottenuto però la diminuzione della confisca a suo carico a 9 milioni di euro. Piccola riduzione della condanna, grazie all’effetto prescrizione, per Corrado Crialese, avvocato romano ed ex presidente di Adria Infrastrutture, difeso da Fabrizio Lemme e Alberto Bianchi: la pena è passata da 1 anno e 10 mesi a 1 anno e 8 mesi. Entro novanta giorni la Corte depositerà le motivazioni. Poi le difese potranno valutare il ricorso in Cassazione. —



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