Nesi, il ministro del Psi che cacciò il presidente del Magistrato alle Acque

Nel 2001: il suo capo di gabinetto era fiengo 

L’ex ministro socialista che cacciò Cuccioletta e fermò i lavori distruttivi delle rive di Torcello. Nerio Nesi, galantuomo bolognese oggi 95enne, che il via libera al Mose, oggi rivendicato da più parti, appartiene al governo Amato. «Fui io», scrive, «a far ripartire quel progetto nella seduta del Consiglio dei ministri del 15 marzo 2001, presieduta da Giuliano Amato». Poi è andata come è andata. Scandali, ritardi, errori. Fino alla grande inchiesta del 2014.

Ma Nesi allora, appena venuto in visita a Venezia, aveva preso una decisione clamorosa. L’allontanamento dell’allora presidente del Magistrato alle Acque Patrizio Cuccioletta, che dieci anni dopo sarebbe stato arrestato, coinvolto nell’inchiesta Mose. In base ai rapporti inviati a Roma sull’operato di Cuccioletta, il ministro si era convinto della necessità del cambio al vertice. Aveva mandato in laguna il suo fedelissimo Amedeo Liverani. Ma il nuovo presidente era durato solo pochi mesi. Tornato al governo il centrodestra, il potente ministro di An Matteoli aveva preteso il ritorno in laguna di Cuccioletta.

Corsi e ricorsi. Perché in quel periodo il Capo di Gabinetto del ministro delle Infrastrutture si chiamava Giuseppe Fiengo, avvocato dello Stato che poi sarebbe stato nominato nel 2014 dall’Anac di Cantone e dal prefetto di Roma amministratore straordinario del Consorzio Venezia Nuova.

Erano anni di vicende intricate. Scandali ancora agli albori, coperti da un monopolio potentissimo. La scintilla che aveva convinto Nesi a cacciare il presidente del Magistrato alle Acque era stato lo scandalo internazionale scoppiato sui lavori a Torcello. Cemento al posto degli antichi mattoni. Consorzio Venezia Nuova e Magistrato alle Acque che avevano rifatto le rive con materiali vietati. «Inutile allarmismo», lo aveva definito allora il sindaco Paolo Costa. Ma il ministro aveva nominato una commissione di esperti per tracciare i confini degli interventi ammessi nel contesto ambientale della laguna. Era anche stato interrogato come testimone dall’allora pm Felice Casson, il primo che aveva tentato di sollevare il velo sul monopolio. Scoprendo che il concessionario – Consorzio Venezia Nuova – era in realtà molto più potente del suo concedente – il ministero dei Lavori pubblici. Inchiesta finita nel nulla. Ripresa qualche anno dopo i rapporti della Guardia di Finanza sull’evasione fiscale delle imprese relativa allo scavo dei fanghi dai canali portuali. Nel 2001 il progetto Mose era stato rimesso in pista. Accompagnato da una serie di indicazioni e di osservazioni – come le difese locali e il rialzo dei fondali alle bocche di porto – mai eseguiti. —



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