Muore in casa di riposo, infermiere assolte

Un paziente era stato legato al letto dalle due donne durante la notte e si era soffocato

PADOVA. Assolte con formula piena l’infermiera e l’operatrice della casa di riposo Breda accusate di omicidio colposo per la morte di un 61enne di Dolo, che il 12 febbraio 2014 avevano legato al letto seppur il medico non avesse prescritto l’uso del cosiddetto “mezzo di contenzione” .

Il giudice monocratico Elena Lazzarin ieri ha assolto le due imputate, l’infermiera Maria Rosaria Pedone, 27enne di Trinitapoli (in Puglia), difesa dall’avvocato Alberto Berardi e l’operatrice sanitaria Annamaria Dalla Riva, 52 di Ponte San Nicolò, difesa dall’avvocato Lorenzo Locatelli.

Le due donne avevano deciso di legare al letto il paziente della casa di riposo Breda di Ponte di Brenta, gestita dall’Istituto Configliachi, assumendosi di fatto una responsabilità che non competeva loro. E, per di più, omettendo di controllare le condizioni dell’ospite nel corso della notte e il corretto posizionamento di quello strumento contenitivo. Così Graziano Zilio, ex infermiere 61enne di Dolo, aveva tentato inutilmente di liberarsi. Ma stringendo involontariamente sempre più quella cintura fissata con bende al letto, era morto soffocato per un’insufficienza cardio-respiratoria acuta provocata da quella posizione.

Per infermiera e operatrice sanitaria si era così palesata l’accusa di cooperazione in omicidio colposo, in quanto appunto avevano legato al letto il l’uomo in assenza di una prescrizione medica e delle condizioni eccezionali e di urgenza che giustificano il ricorso alle cinghie contenitive durante il riposo notturno. Zilio era stato dimesso tre giorni prima, il 7 febbraio, dal reparto di Psichiatria dell’ospedale di Dolo con la certificazione di un “parziale ma soddisfacente miglioramento del quadro di ingresso con tranquillizzazione del paziente e sostanziale docilità e facile gestibilità comportamentale” .

Forse quella notte il 61enne, ricoverato in una stanza singola, aveva manifestato qualche irrequietezza ma il medico di turno non era mai stato informato. Il pm Roberto D’Angelo, titolare dell’inchiesta, aveva contestato le mancate sorveglianza e assistenza indispensabili per interrompere «lo stato di prostrazione fisica e psichica del paziente». Il decesso poi non aveva mai convinto i familiari dell’uomo, autori della denuncia che poi ha innescato l’inchiesta. Ieri però, dopo oltre di 4 anni, e due donne hanno potuto finalmente tirare un sospiro di sollievo. Sono state assolte con formula piena. Le motivazioni dell’assoluzione saranno depositate entro 90 giorni.

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