Mose, per l'ex assessore Chisso confisca di 2 milioni

Ok al patteggiamento: pena pecuniaria se si troveranno i soldi delle ipotizzate tangenti. Sutto e Casarin, sì all’accordo accusa-difesa

VENEZIA.  Quella di ieri è stata la giornata dei patteggiamenti degli ex socialisti poi passati a Forza Italia e, per di più, legati tra loro da una solida amicizia, tanto che hanno ritenuto di non riferire agli inquirenti nulla uno dell’altro. Bocca chiusa e solidarietà.

Il giudice dell’udienza preliminare di Venezia Massimo Vicinanza, lo stesso che aveva detto di no all’accordo tra difesa e accusa per i 4 mesi nei confronti dell’ex sindaco Giorgio Orsoni, ha ritenuta congrua la pena di due anni e sei mesi di reclusione nei confronti dell’ex assessore regionale alle Infrastrutture delle giunte Galan e Zaia Renato Chisso. Il magistrato ha però disposto, sulla scorta delle indagini della Guardia di finanza che aveva ricostruito pagamenti a suo favore di mazzette per sei milioni di euro (alcuni finiti nelle sue tasche, altri in quelle di Galan), l’eventuale confisca per il valore di due milioni qualora anche in futuro venissero rinvenuti somme di denaro o proprietà che a lui possano far riferimento.

L’accordo presentato al giudice era stato sottoscritto dall’avvocato difensore Antonio Forza e dai pubblici ministeri Stefano Ancilotto, Stefano Buccini e Paola Tonini. Ieri, era presente anche il procuratore aggiunto Carlo Nordio. Oltre a Chisso, il giudice Vicinanza ha letto le sentenze di patteggiamento che riguardano anche il segretario dell’ex assessore, il veneziano Enzo Casarin, e il braccio destro dell’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova Giovanni Mazzacurati, il trevigiano Federico Sutto, entrambi un tempo quando militavano nel Psi sindaci di due piccoli centri veneti, il primo di Martellago, il secondo di Zero Branco. Casarin, difeso dall’avvocato Carmela Parziale, ha raggiunto l’accordo per un anno e otto mesi e la confisca di 115 mila euro, mentre Sutto, difeso dall’avvocato Gianni Morrone, per due anni e 125 mila euro.

Chisso è l’unico dei numerosi indagati nell’inchiesta per la corruzione per il Mose al quale le «fiamme gialle» non hanno potuto sequestrare granchè (1500 euro dal conto corrente in banca), visto che la villetta di Favaro dove abita non possono portargliela via. Gli inquirenti sono convinti che in qualche modo l’assessore buona parte dei soldi intascati con le tangenti li abbia nascosti all’estero, cosìi pubblici ministeri hanno chiesto alle autorità svizzere, austriache, moldave, ucraine, croate e slovene di cercare nelle rispettive banche conti intestati a lui o ai parenti. Per ora, nessuna risposta è arrivata e così il giudice ha confiscato comunque, senza ancora sapere quello e soprattutto se qualcosa verrà trovato. Dopo la lettura della sentenza, soddisfazione è stata espressa dal procuratore aggiunto Carlo Nordio . In particolare è stato ricordato che con questa fase si chiude solo una parte del «notevole lavoro fatto», perché «ora si avvia la fase della chiusura delle indagini per andare ai processi di quanti non hanno patteggiato o hanno visto il loro patteggiamento respinto». Il riferimento è all'ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni (finito per un periodo ai domiciliari) indagato per finanziamento illecito dei partiti per una dazione del Consorzio per la campagna elettorale del 2010. La Procura ha espresso anche soddisfazione «perché proprio ieri la Corte di Cassazione, alla luce di un ricorso presentato da uno dei difensori degli imputati, non solo lo ha respinto ma ha allargato il proprio giudizio sull'indagine riconoscendo al 100% il lavoro svolto dal pool e respingendo quella minima parte che il Tribunale del riesame non aveva accolto». In pratica i giudici veneziani avevano fatto scattare la prescrizione per i reati commessi prima del 2008 anche se i fatti delittuosi erano proseguiti anche negli anni seguenti .

Intanto, la Corte di Cassazione ha stabilito che Marco Milanese, l’ ex consigliere politico di Giulio Tremonti ed ex parlamentare di Forza Italia oltre che ex ufficiale della Guardia di finanza, deve essere immediatamente scarcerato, sempre nell'ambito dell'inchiesta sulle tangenti per il Mose. La Suprema Corte ha infatti riqualificato a carico di Milanese, difeso dagli avvocati Bruno Larosa e Franco Coppi, l'accusa di corruzione in quella meno grave di traffico di influenze illecite.

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