Morto per una trombosi Due ortopedici a giudizio

CHIOGGIA. Due ortopedici dell’ospedaledi Chioggia e un automobilista saranno processati dal giudice monocratico di Chioggia per concorso in omicidio colposo per la morte di Raimondo Perini. Ieri, infatti, il giudicedell’udienza preliminare Barbara Lancieri li ha rinviato a giudizio su richiesta del pubblico ministero Angela Masiello, che precedentemente aveva chiesto e ottenuto l’archiviazioine della posizione di due altri medici, due chirurghi, dello stesso ospedale sempre per il reato dei omicidio colposo. A costituirsi parte civile sono stati i parenti della vittima.
I quattro medici che, all'epoca dei fatti, lavoravano all'ospedale di Chioggia, erano finiti sotto inchiesta alla morte, nell'aprile 2009, di Perini, 62enne chioggiotto cui non sarebbe stata prescritta la corretta terapia anticoagulante. La morte di Perini aveva destato scalpore perché avvenuta in circostanze davvero insolite. Un incidente stradale, non troppo grave, gli aveva causato una frattura a una gamba e, un mese dopo, l'uomo era tornato in ospedale per farsi togliere il gesso. Ma mentre era ancora in sala d'attesa, improvvisamente, si era sentito male ed era crollato terra, davanti agli occhi della moglie che lo aveva accompagnato. L'autopsia, disposta dalla procura, aveva accertato che la morte era avvenuta per embolia, una complicanza delle fratture che, normalmente, si cura con anticoagulanti. Ma, secondo il medico legale che aveva eseguito l’esame autoptico, anche in base alle cartelle cliniche dell'uomo, la terapia anticoagulante di 15 giorni, che gli era stata prescritta da due medici di Chirurgia, era di durata troppo breve, mentre, altri due medici di ortopedia, che lo visitarono dopo, non si sarebbero accorti della inadeguatezza della prescrizione.
Sul banco degli imputati è finito anche il conducente dell’auto che aveva investito Perini, visto che è proprio da quell’incidente che è iniziata la tragica disavventura della vittima. La cura antitrombotica con l’eparina è ormai una consuetudine non solo per chi subisce una frattura agli arti, ma anche per tutti coloro che vengono operati e devono rimanere con un arto immobili per un lungo periodo. In questo caso, il paziente era stato operato dai chirurghi che immediatamente dopo l’intervento gli avevano prescritto il farmaco, quindi erano intervenuti gli ortopedici, che avevano immobilizzato la gamba, ma che non avevano dato indicazioni che proseguisse con la cura antitrombotica. Gli imputati potranno difendersi in aula davanti al giudice che valuterà le prove.
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