Morte per amianto, Enel perde in Cassazione
I giudici romani hanno confermato il risarcimento alla vedova di un operaio che sostituiva i contatori

07/09/2016 Roma, il Palazzo di giustizia, sede della Corte di Cassazione.
Per 35 anni al lavoro alle dipendenze della Società Adriatica di Elettricità spa, poi diventata Enel, muore per mesotelioma peritoneale, patologia strettamente legata al contatto con l’amianto. Succedeva nel 2004. Tredici anni dopo, sul caso è stata messa la parola fine: nelle scorse ore la Cassazione ha respinto il ricorso con cui Enel Distribuzione chiedeva la revisione della sentenza d’appello che aveva dato ragione alla moglie della vittima, confermando il risarcimento da 51.050 euro - già versato dalla società, a cui se ne è aggiunto un secondo, anch’esso impugnato fino al terzo grado e in attesa di pronunciamento, per un totale di circa 200mila euro. Una vittoria per la consorte di Federico Franchin, difesa dall’avvocato Edgardo Benassi.
Franchin era stato assunto nel febbraio 1962 dalla Società Adriatica di Elettricità spa, prestando servizio ininterrottamente fino alla pensione nel 1997. Dalla data dell’assunzione fino all’ottobre 1970, l’operaio si occupava della manutenzione e della sostituzione dei contatori dell’Enel installati nelle case del centro storico di Venezia. Franchin doveva lavorare in ambienti chiusi, spesso nei sottoscala, sui contatori appoggiati alla parete su pannelli in fibra di amianto spessi circa un centimetro. Assieme ai vecchi contatori, Franchin doveva rimuovere anche l’amianto che, a causa dello stato di degrado, si rompeva in mille pezzi, disperdendo le fibre. I vecchi pannelli venivano sostituiti con quelli nuovi, sempre in amianto: il materiale veniva sagomato e lavorato sul posto. Secondo la difesa, «L’azienda datrice di lavoro non aveva fornito al personale mezzi di protezione quali aspiratori, maschere protettive, guanti e occhiali, né lo aveva informato sul rischio relativo all’esposizione alle fibre dell’amianto», sostenendo dunque il nesso di causalità tra la prolungata esposizione all’amianto e la malattia mortale. A Franchin, il mesotelioma era stato diagnosticato nel 2002. L’operaio era deceduto due anni dopo.
In primo grado, Enel era stata condannata a pagare 51.051 euro come risarcimento del danno biologico e morale in favore dell’erede. E così in secondo grado. Enel aveva presentato ricorso in Cassazione sostenendo tra l’altro l’inesistenza del nesso causale, la non riconducibilità della patologia all’attività svolta per conto di Enel e la non conoscibilità all’epoca dei danni connessi all’amianto. I giudici della Suprema Corte hanno rigettato il ricorso, confermando il pronunciamento dei due precedenti gradi di giudizio. A giorni è attesa la sentenza anche sul procedimento parallelo, intentato sempre da Enel contro il risarcimento alla vedova di Federico Franchin.
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia
Leggi anche
Video