Marghera resta una bomba a orologeria, ecco perché

Critiche sui ritardi nell'allertamento della popolazione e il lungo elenco degli stabilimenti a rischio tra depositi, raffinerie e impianti

Il leone si è risvegliato. Il pericolo sempre presente nella zona industriale di Marghera ogni tanto dà segnali di avvertimento:  non dimenticatemi!

Questa volta una piccola fabbrica che produce nitroderivati e lavora ammine cancerogene,  che era nata al servizio del TDI e che ora continua a produrre per altri mercati, ha fatto il botto e poi l’incendio. I fumi sicuramente tossici con ammine, cianuri , derivati azotati si sono levati alti dato la bassa pressione presente e si sono diretti verso Venezia. Ancora una volta  ritardi nell’allertare la popolazione, il tam tam sui social  ha funzionato meglio di quello istituzionale. Sul sito della protezione civile del comune si parlava solo di coronavirus dopo 1,5 ore dall’evento, sul sito del comune un allarme che chiedeva agli abitanti di Marghera di chiudersi in casa , in realtà il fumo scavalcava Marghera e andava altrove a depositarsi.

Manca ancora un programma che Arpav o i vigili del fuoco usino  immediatamente con direzione e velocità del vento e sappiano dire dove è più probabile la ricaduta dei fumi e lì allertino la popolazione.E lì vadano a misurare le ricadute  e non a zonzo per poi dire ch va tutto bene. Da almeno un decennio lo si chiede !

Sapremo nelle prossime ore le cause dell’accaduto, e i danni immediati  ma non sapremo i microdanni alla nostra salute e all’ambiente (cibi inquinati coltivati o allevati nelle aree di ricaduta) che si aggiungono a quelli prodotti dalle polveri sottili e dagli altri inquinanti dell’aria. Il peggioramento della qualità della vita pesa ancora di più in questi giorni di isolamento.

E Marghera resta una bomba a orologeria :

- il cracking obsoleto e tirato per il collo, riaperto  dopo la breve chiusura. Ogni tanto va in blocco e fa fumare le fiaccole disperdendo incombusti ,ossidi di azoto, carbon black.

- la raffineria coi suoi depositi di carburanti e oli a rischio rilevante di incendio

- i depositi ormai solo commerciali di molteplici sostanze chimiche tossiche all’ex enichem( parchi serbatoi) col traffico di bettoline e autobotti

- la Sapio e le altre piccole fabbriche chimiche come la 3VCPM esplosa, la Arkema, la Solvaysolexis, con prodotti tossici

- i depositi di carburanti infiammabili Decal, san Marco Petroli, Petroven

E poi il futuro che avanza ancora carico di  inquinamento e rischi bombe a orologeria :

- turbogas a metano di Edison ( che potenzia e rinnova la centrale da 740 MW), turbogas Enel che sta chiedendo di costruirne una da 840 MW al posto di quella a carbone ( ma perché proprio qui?) produttrici di polveri sottili e ossidi di azoto

- il già approvato deposito GNL metano liquido per rifornire navi e autotreni ( 32000mc di stoccaggio con bettoline che gireranno nel porto e camion nelle strade )

- il nuovo polo incenerimento rifiuti a Fusina di Ecoprogetto in via di approvazione con arrivo anche di fanghi di depuratori e percolati di discariche con PFAS e porcherie di ogni tipo che bruciando produrranno diossine, acidi, metalli pesanti, ecc

Il coronavirus ci dovrebbe insegnare che la salute va al primo posto, che il futuro deve essere diverso dal passato che abbiamo alle spalle e la prevenzione primaria deve guidare le nostre scelte.

Basta inquinamento e basta rischi per questa città e per i suoi vicini cioè per centinaia di migliaia di cittadini.

* Medicina democratica, Ambiente Venezia, Ecoistituto vento Alex Langer

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