Marghera, PalaExpo nei guai. Il padiglione è già nel degrado e cerca investitori

PORTO MARGHERA. Doveva essere il là della riqualificazione di Porto Marghera, ma la musica si è inceppata dopo la prima nota. E ora il PalaExpo firmato da Michele De Lucchi, visibile anche a chi percorre via della Libertà in direzione di piazzale Roma, costruito tra via Pacinotti e via Ferraris (a lato del Vega), è diventato parte dello skyline dell’archeologia industriale, destinato a un rapido declino se non si interverrà in fretta per sistemarlo.
Parcheggio interrato chiuso, erba alta, parte della recinzione sfondata, primi pezzi che si stanno staccando. L’edificio - realizzato per ospitare una serie di eventi, dalle grandi assemblee, alle feste e ai concerti - è abbandonato da mesi.

L’ultimo evento organizzato, se la memoria non fa difetto, risale al giugno 2018, quando al PalaExpo si tenne l’assemblea per la fusione tra Confindustria Padova e Unindustria Treviso. Poi più niente. Il palaExpo fu realizzato da Condotte - società oggi in amministrazione straordinaria - dopo aver acquistato il terreno, noto come Vega 2, per 20 milioni di euro nel 2012. Il debutto dell’edificio su subito un flop, perché il Padiglione Aquae, unico evento collaterale all’Expo di Milano 2015, si rivelò un flop dal punto di vista sia dell’offerta - piuttosto confusa - che dei visitatori.
Non è andata meglio la gestione affidata a Expo Venice, società poi fallita. La proprietà del padiglione è nelle mani della Finint, la società finanziaria di Enrico Marchi, che gestisce il Fondo Sgr Venice Waterfront, nel quale è confluito il padiglione, con tutti i vicini terreni. Spetta quindi a Finint decidere che fare del PalaExpo.
Il Fondo (dalla durata di 30 anni, scadrà nel 2042) nasce con l’obiettivo, come recita la sua presentazione, di «uno sviluppo immobiliare a prevalente destinazione commerciale, espositiva e direzionale in parte già realizzato. Nella prima fase di sviluppo si è infatti concretizzata la costruzione di un spazio espositivo per una superficie pari a ca. 10.000 mq, di un parcheggio coperto per una superficie pari a 12.000 mq e delle relative opere di urbanizzazione necessarie. Nella seconda fase è prevista la realizzazione di consistenze per un totale di ulteriori 46.000 mq. Il progetto prevede la costruzione di consistenze ad uso direzionale, commerciale e alberghiero».

La durata del Fondo è pari a 30 anni. Uno sviluppo che, la crisi di Condotte, ha messo nel freezer. Anche se, cercando nuovi investitori, potrebbe essere arrivato il momento di tirarlo fuori dal freezer. Tra le aree di confine tra Autorità portuale e Comune di Venezia liberate nei giorni scorsi dal Porto con uno specifico decreto perché ritenute non più strategiche per lo sviluppo portuale, c’è infatti anche l’area compresa tra via Pacinotti, via Ferraris e il canale Brentelle. Questo vuol dire che - come nel caso di via Fratelli Bandiera - la programmazione urbanistica non sarà più in capo all’Autorità portuale, ma al Comune.
L’incertezza sulla programmazione urbanistica ha, fino ad ora, tenuto alla lontana molti investitori preoccupati di mettere un piede delle sabbie mobili burocratiche e del continuo ping-pong tra Comune e Autorità portuale. In quell’area Condotte aveva immaginato di realizzare delle torri nell’ambito di un progetto di riqualificazione più ampio del waterfront che era stato firmato da un team di progettisti internazionali come gli architetti Michele De Lucchi e Andreas Kipar. —
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