Marcon ora chiede verità e giustizia: fermate il colpevole

di Marta Artico
MARCON
«Man mano che passavano i giorni la speranza che non fosse Lucia scemava, alla fine il riconoscimento del Dna ha detto l’ultima parola perché si sono esaurite altre ipotesi per dare un’identità alla salma». A parlare è don Domenico Trivellin, parroco della chiesa dei Santi Patroni, che si trova a due passi dell’abitazione di via Guardi, dove riesiedevano Rezno Dekleva e Lucia Manca. Nel magma di notizie e informazioni che si sono rincorse in questi giorni, settimane, gli abitanti di Marcon hanno cercato di farsi una loro idea di come si siano potuti svolgere i fatti. Quando l’altro ieri lo scheletro ritrovato sotto il ponte tra Piovene e Cogollo è stato identificato come quel che rimane della bancaria Lucia Manca, è piombata la tristezza su chi la conosceva.
Sulle persone che l’hanno vista negli ultimi giorni, i colleghi di lavoro, la migliore amica, chi la frequentava ed anche chi è sempre rimasto in disparte, per sua volontà o perché non raggiunto dai riflettori delle telecamere. «Adesso - spiega il sacerdote - non dipende più da noi». In questi giorni la comunità ha pregato per la donna. «L’abbiamo ricordata giovedì - racconta - così come il giorno dei defunti e dei santi in cimitero, davanti a tutti i fedeli. In quell’occasione abbiamo aggiunto una preghiera espressamente per lei, poco importa quanto fosse conosciuta, era comunque della parrocchia».
«La maggioranza delle persone con cui ho parlato tra oggi (ieri, ndr) e giovedì hanno detto che se lo attendevano, la sorpresa è stata prima, quando l’hanno ritrovata». Don Domenico non è mai riuscito a parlare con il marito, Renzo Dekleva. «Non lo trovo mai, le finestre sono sempre chiuse, sono passato molte volte. Non posso - ripete - fare altre mosse: quando arriverà il momento dei funerali, non so come e quando e non so cosa decideranno, si faranno sentire loro». Solo Giuseppe Manca, il fratello di Lucia una volta ha chiamato il sacerdote, per ringraziarlo dell’interessamento.
Il parroco non si esprime su chi abbia commesso il delitto, ma poche parole bastano per condurre a Renzo Dekleva: «Il paese il sospetto ce l’ha, chi non ha nulla da temere non si sottrae dal fornire le impronte digitali». Sono tanti a chiedere giustizia e a voler sapere la verità. «Imaginavo che fosse lei -racconta Patrizia Marton, dell’omonimo salone di parrucchiera di viale San Marco dove si recava Lucia - lo sentivamo dire sempre più spesso, ma forse non volevo crederci, forse nessuno voleva fino in fondo crederci. Ora non sappiamo più cosa pensare. Tutti sospettano del marito, ma sembra strano dal momento che chiunque lo conosca ne parla così bene. Lucia per come la conoscevamo era una persona che affrontava i problemi, del resto lo avevamo detto tutti che non poteva essersi suicidata. Quanto accaduto mette molta tristezza».Lucia si era recata dalla parrucchiera il sabato prima della scomparsa e aveva prenotato il successivo appuntamento, due settimane dopo, prima di partire per le ferie. «Adesso - conclude - speriamo che scoprano chi è stato».
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