L’ultima fuga di Battaggia Assolta la “primula rossa”

MOGLIANO. Franco Battaggia, la primula rossa del Nordest, è stato assolto dall’accusa di evasione. L’uomo, protagonista di rocambolesche fughe dalle forze di polizia di mezzo mondo, è riuscito infatti a dimostrare che nel luglio del 2010 non si era sottratto dalla detenzione domiciliare nella sua abitazione di Preganziol, dove stava finendo di scontare la condanna a 18 anni di reclusione per l’omicidio del trafficante di droga Vincenzo Ciarelli. Era dunque ai domiciliari, a poche settimane dalla fine pena, quando i carabinieri bussarono alla sua porta per il controllo ,senza ricevere alcuna risposta. Scattò l’allarme per evasione. «Quella sera ero in casa, ma dormivo e non ho sentito nulla», Battaggia ha ripetuto anche ieri in tribunale a Treviso. Così, ritenendo ingiusto tornare in cella, Battaggia aveva deciso di scappare affrontando una nuova latitanza. Conclusasi, dopo nove mesi, con l’arresto a Noale. Il suo avvocato, Guido Galletti, è riuscito a dimostrare che quella sera l’uomo aveva assunto pesanti antidolorifici e che per questo non si era svegliato all’arrivo dei carabinieri. E così, ieri, la primula rossa è uscita sorridente dal tribunale, dopo aver ottenuto un’assoluzione. Franco Battaggia, nato a Mestre 66 anni fa, è una delle figure criminali più note in Veneto. A 14 anni aveva iniziato a lavorare con il padre, e in poco tempo era diventato l’indiscusso re del pesce. Soldi, donne, auto, locali: Battaggia ha sempre amato la bella vita. Ed ha sempre avuto guai con la giustizia: racket, traffico di armi, cessione di droga e l’omicidio del nomade Ciarelli. Complessivamente ha scontato 21 anni di carcere. Ad alimentare la sua leggenda di bandito, sono però state le fughe rocambolesche in Ecuador e Svizzera.
«Tutto filava liscio in Sud America fino a quando una mattina, mentre ero diretto a Guayaquil la polizia circondò il Vitara sul quale viaggiavo», aveva raccontato, «mi portarono in carcere, ma ho resistito soltanto due giorni. Il terzo sono fuggito. Ho fatto un’ora di stretching per allenare i muscoli. Avevo studiato la situazione, e sapevo che saltando, quasi volando, sarei potuto fuggire. E così è stato». In Svizzera poi, altro fermo e altra fuga. «Vengo bloccato a Lugano e portato a Chiasso. Niente manette ai polsi. Chiedo di andare a fare le pipì in bagno dove approfitto per legarmi per bene i lacci delle scarpe. Non appena mi stanno per infilare nel cellulare faccio un salto di tre gradini, e mi metto a correre come non mai. La polizia inizia a sparare: c’erano proiettili che mi passavano vicino, ma fortunatamente nessuna ferita». A Preganziol invece non ci fu evasione. Sarebbe stato troppo semplice e quindi, per uno come Battaggia, senza gusto.
Giorgio Barbieri
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