Licenziata 19 anni fa, il Tar si pronuncia ora

La donna aveva vinto il concorso per educatore d’asilo ma non aveva i requisiti perché aveva alle spalle un fallimento 

VENEZIA. Non eravamo ancora entrati nel nuovo millennio quando avvenivano i fatti per cui, nei giorni scorsi, si è pronunciata la seconda sezione del Tar Veneto. Era il 1999 quando la L.D. era stata immessa in ruolo dopo aver vinto il concorso pubblico bandito dal Comune di Venezia per cinque posti di istruttore-educatore di scuola materna. Ma ad un successivo controllo era emerso come la maestra non fosse in possesso dei requisiti di partecipazione al concorso, che però aveva dichiarato di possedere. Nel 1994, infatti, la donna aveva perso il diritto di elettorato passivo, ovvero la capacità di ricoprire cariche elettive, per effetto della dichiarazione di fallimento di una società di cui era socia accomandataria. A carico della donna veniva avviato un procedimento disciplinare, contestandole la violazione del Codice disciplinare all’articolo 25 del Contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto delle autonomie locali e del Regolamento per i procedimenti disciplinari. A fine ottobre 1999 il procedimento disciplinare si concludeva con il licenziamento senza preavviso da parte del direttore delle Risorse umane di Ca’ Farsetti.

La donna, con l’avvocato Pier Vettor Grimani, nel 2000 ha proposto ricorso alla giustizia amministrativa contro il Comune, impugnando il licenziamento formulando quattro motivi. Tra questi, l’aver intimato il licenziamento in modo errato dal momento che «per le ipotesi di false dichiarazioni concernenti il possesso dei requisiti di partecipazione ai concorsi pubblici, è prevista la decadenza dei benefici conseguenti», si legge nella sentenza pubblicata lunedì, «Alla stregua di tale disposizione, all’accertamento della falsità dichiarativa conseguirebbe l’automatica decadenza dall’ammissione al concorso, che travolgerebbe tutti gli atti successivi, compreso il contratto di lavoro che, essendo nullo, non avrebbe potuto essere risolto». Secondo la ricorrente, l’Amministrazione avrebbe dovuto accertare anche se la dichiarazione falsa non fosse stata resa in buona fede. Con un’ordinanza datata 2000 era stata rigettata l’istanza cautelare, ritenendo la controversia di competenza della giustizia ordinaria. La difesa ha proseguito sulla propria strada sostenendo in una memoria come «La controversia, avendo ad oggetto un procedimento incidentale sul procedimento di assunzione, sarebbe devoluta alla giurisdizione amministrativa». Da allora più nulla fino all’udienza dell’11 ottobre, quando la causa è stata trattenuta in decisione. Il Tar ha confermato l’orientamento espresso in sede cautelare. Ovvero che la controversia è di competenza della giustizia ordinaria, e nello specifico del tribunale del lavoro. Nulla di fatto, dunque, dopo 19 anni. —


 

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