Legambiente: «Il Piave soffre lo sfruttamento delle acque»

SAN DONÀ
Il Piave sta meglio degli altri corsi d’acqua del Veneto. Il fiume gode di un buono stato di salute, ma deve fare i conti con un notevole sfruttamento umano. Cave e impianti idroelettrici lo aggrediscono a monte e nel medio corso, con le conseguenze che si ripercuotono fino alla foce di Jesolo.
I dati emergono dal monitoraggio compiuto da Legambiente, in sinergia con Arpav, in occasione di Operazione Fiumi, la campagna per la tutela dei corsi d’acqua veneti. Un gruppo di 45 volontari ha eseguito campionamenti sui fiumi. Sul Piave sono stati monitorati sette punti tra Ponte nelle Alpi e la foce. I dati sono stati illustrati a San Donà, in occasione della due giorni di campi di volontariato lungo il fiume.
Rispetto agli altri fiumi, lo stato chimico delle acque del Piave è ottimo. Nei punti monitorati non sono emerse sofferenze dovute a eccessivi apporti di nitrati, fosfati o ammoniaca, legati a scarichi industriali o civili.
L’analisi microbiologica si è avvalsa dei laboratori di Arpav e ha valutato la quantità di Escherichia Coli, batterio indicatore di contaminazione fecale. Ovunque i valori sono sotto i limiti di legge. Ma se nei due punti a monte il Piave è risultato balneabile, la quantità di batteri fecali aumenta da Nervesa alla foce. A San Donà e Salgareda i valori sono di poco superiori al limite di scarsa qualità delle acque. Sotto l’aspetto geomorfologico il fiume risulta in discreta salute, ma con crescenti segnali di sofferenza verso la foce. I rifiuti sono presenti in quantità basse, sia sulle sponde che nell’alveo.
I rilievi dell’Arpav confermano: «Rispetto agli altri bacini idrografici del Veneto, il Piave ha una situazione migliore». Ma il grande male del Piave è rappresentato dall’elevato carico antropico, tutte quelle opere che incidono sulla naturalità del fiume. Su questo fronte la situazione si ribalta. Tra San Donà e Jesolo si registra un basso carico antropico. Mentre gli altri tratti del fiume presentano importanti criticità per colpa di cave e impianti idroelettrici.
La situazione peggiore a Nervesa. «Dai nostri campionamenti», spiega Giulia Bacchiega di Legambiente, «è emerso un fiume in salute, ma in sofferenza a causa di un importante carico antropico, unito a uno stato morfologico che risulta appena sufficiente a causa di utilizzi intensivi dell’alveo e del territorio circostante per urbanizzazioni e attività agricole». «Questioni che riteniamo prioritarie per i Comuni rivieraschi», conclude Maurizio Billotto, vice presidente di Legambiente Veneto, «e che chiediamo di fronteggiare con un Contratto di fiume unitario per tutto il Piave attorno a tre concetti chiave: incremento della naturalità dell’ecosistema fluviale, sicurezza delle persone e promozione della cultura scientifica e di comunità». —
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