Le operazioni di saldatura e le fiamme Così è scoppiato l’inferno alla 3V Sigma

venezia
Un tubo delle condotte da saldare, una fiamma che raggiunge i prodotti chimici e poi l’esplosione tremenda da uno dei serbatoi che investe due dei tre operai impiegati nei lavori di manutenzione dell’impianto alle dipendenze della General Montaggi srl di Terni. Spunta l’ipotesi dell’incidente sul lavoro, dietro all’inferno di fuoco che venerdì mattina ha avvolto la 3VSigma a Porto Marghera gettando l’intera città nell’incubo del pericolo chimico con una densa colonna di fumo nero a minacciare Venezia. Ipotesi che si fa strada mentre, per tutta la mattina di ieri e fino al pomeriggio, i vigili del fuoco sono ancora alle prese con i focolai minori che hanno continuato ad avvolgere l’azienda in via Malcontenta specializzata nella produzione di composti chimici. Alle prese con sopralluoghi e analisi nei 12 mila metri quadri carbonizzati, spetterà agli inquirenti verificare l’applicazione o meno dei protocolli di sicurezza all’interno dell’azienda così come la regolarità del deposito di maxi taniche di xilene sparse nello stabilimento che solo tre giorni prima dell’incendio era stato denunciato dalle Rsu. Un allarme caduto nel vuoto.
INDAGINI
È iniziato ieri mattina il lavoro dei carabinieri del Noe insieme ai tecnici dello Spisal e al Niat (nucleo investigativo antincendi) dei vigili del fuoco. Dai primi riscontri, si è riuscito a risalire al primo dato certo: venerdì mattina nell’azienda erano in corso lavori di manutenzione all’impianto. Lavori per i quali era stata incaricata una ditta esterna di Terni, la General Montaggi, che in quel momento impiegava a Marghera ben 39 operai. Tre di loro erano incaricati di tagliare un tubo che conduce materiale chimico e saldarlo, a lavoro concluso. Ed è proprio in questa delicata operazione, che sarebbe avvenuto l’incidente che ha coinvolto i serbatoi infiammabili. Non è escluso che del materiale chimico fosse rimasto all’interno della conduttura. In attesa dei primi riscontri, le indagini punteranno a capire cosa non ha funzionato in quei drammatici momenti. Per questo, oltre al materiale altamente infiammabile la lente d’ingrandimento degli inquirenti si concentrerà anche sull’impianto anti-incendio per capire se fosse o meno tutto a norma.
POMPIERI A LAVORO
Il lavoro dei vigili del fuoco è terminato solo alle cinque di ieri pomeriggio. Dopo aver avuto la meglio sulle lingue di fuoco alte decine di metri nel giro di poche ore (grazie all’aiuto di 90 uomini arrivati da tutto il Veneto), ieri i vigili del fuoco sono stati impegnati fin dal mattino nelle operazioni di spegnimento. A destare preoccupazione erano soprattutto alcuni micro-focolai ancora accesi a distanza di ore sotto le macerie collassate, difficilmente raggiungibili. In più, i pompieri hanno dovuto mettere in sicurezza gli impianti dal momento che nell’area erano rimasti diversi serbatoi integri e pieni di prodotti chimici. Terminate le operazioni nel pomeriggio, i sopralluoghi sono andati avanti fino a sera (a intervalli di due ore) con dei termoscanner per verificare che la temperatura dell’area restasse entro i limiti di guardia.
OPERAI RICOVERATI
Restano serie le condizioni dei due operai rimasti coinvolti nell’esplosione. Alin Burcea, romeno di 30 anni, è tutt’ora in rianimazione nel Centro grandi ustioni Padova con il 30% del corpo ustionato. Non è considerato in pericolo di vita. Situazione più critica per Pramod Saw, 33 anni indiano, che ha ustioni sul 60% del corpo e si trova in rianimazione nell’ospedale Maggiore di Borgo Trento, a Verona.
FASCICOLO IN PROCURA
La Procura di Venezia ha aperto un fascicolo, in cui però non c’è ancora un’ipotesi di reato né risultano persone iscritte nel registro degli indagati. Prassi ordinaria, a distanza di così poco tempo da un simile disastro. La Procura aspetta di acquisire la documentazione fotografica e le relazioni ambientali per capire eventuali sversamenti ambientali e danni atmosferici. Solo a quel punto si potranno attendere sviluppi giudiziari.
INQUINAMENTO
In attesa di conoscere i responsabili del rogo, è l’ambiente circostante ad aver registrato le prime (pesantissime) ricadute. Secondo i primi dati raccolti da Arpav, l’incendio ha fatto schizzare in alto i livelli di inquinamento. Nonostante il ruolo giocato venerdì mattina da vento e pioggia che hanno interessato l’area, le percentuali di acetone all’interno dello stabilimento della 3V Sigma erano pari a 183 mila parti per miliardo, 244 volte sopra i limiti di soglia. Presenti anche quasi 4.500 parti per miliardo di metilacetato, 781 di etilbenzene, 1.720 di p-xilene, contenuto nei barili stoccati nell’impianto andato distrutto. I valori dell’acetone sono crollati a 131 nel piazzale, 40 nei dintorni della ditta. Ma tracce dell’evento sono arrivate fino all’ospedale dell’Angelo, a 4 chilometri dii distanza, e in centro storico a Venezia. Centinaia di pesci morti, invece, nel canale della Rana a causa dello sversamento in laguna nel canale Ovest di parte dell’acqua di dilavamento utilizzata per lo spegnimento delle fiamme violente. —
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