Le aree industriali diventano città
Venezia laboratorio straordinario per il recupero delle zone dismesse Un convegno nell'ex Cotonificio di Santa Marta oggi sede dello Iuav

Veduta aerea dell’Arsenale
Un laboratorio straordinario di recupero di aree ed edifici industriali abbandonati che non ha eguali in Italia. Un esempio di come strutture storiche produttive, dall'Arsenale all'area Saffa alla Junghans, possano essere recuperate e riutilizzate con buoni progetti. Limitando l'uso del cemento e dei nuovi edifici. Se n'è parlato ieri al'ex Cotonificio industriale di Santa Marta, oggi sede dell'Università Iuav. Anch'esso luogo simbolo di una produzione che aveva fatto della città d'acqua, a fine Ottocento, una «grande città industriale», la maggiore realtà produttiva del Veneto. Settanta ettari di superficie - cento volte l'area di piazza San Marco - occupati da strutture imponenti, che davano lavoro a migliaia di operai. L'Arsenale, fabbrica navale della Serenissima, la Manifattura Tabacchi con i suoi 2 mila operai, il Cotonificioo e l'area della fabbrica di fiammiferi Saffa a Cannaregio, i cantieri navali Cnomv, la Junghans e il Molino Stucky alla Giudecca, le fonderie Neville. Un mondo destinato a crollare di colpo a partire dal secondo Dopoguerra, insieme alle grandi strutture create a servizio della città come il Macello di San Giobbe, le officine del Gas, i magazzini del Porto. «Scompare la Venezia imprenditoriale insieme alla Venezia operaia», ha detto nell'introduzione il professor Franco Mancuso, curatore dell'iniziativa, «ma lascia in eredità alla città contemporanea un enorme patrimonio di edifici e di aree sulle quali si avvia un'intensa azione di recupero». Oggi, trent'anni dopo la prima pubblicazione sul tema, molti di quei «ruderi» sono stati restaurati e recuperati ad altro uso. Le case nell'area Saffa di Cannaregio e nell'ex birreria Dreher alla Giudecca, l'università al Cotonificio e nell'ex Macello di San Giobbe, le attività culturali dela Biennale all'Arsenale, il Molino Stucky diventato albergo, la cantieristica minore alla Giudecca. «Attività di recupero in qualche caso pregevole, che dimostra come sia possibile anche fare una buona progettazione», dice il rettore dell'Iuav Amerigo Restucci. Ieri prima giornata di studio, con cinque gruppi che hanno illustrato i progetti nei diversi contesti cittadini. Cannaregio (relatori Morandi e Porchi), Santa Marta e San Basilio (Marzo, Riva, Vanore), Giudecca (Calzolaio, Borghi), Murano (Mazzotta), Arsenale (Menichelli, Montagnini). Si è parlato anche, con l'assessore alle Attività produttive e direttore di Tethis Antonio Paruzzolo, dell'esempio pilota della Tethis, restauro modello che ha aperto la strada alla valorizzazione dell'Arsenale nord. Con il progetto europeo «Second chanche» saranno finanziati i restauri, in via di conclusione, della Torre di Porta Nuova. «Insieme alle Tese di San Cristoforo diventerà il centro artistico culturale dell'Arsenale», dice il direttore di Arsenale spa Roberto D'Agostino. Una serie di prestigosi «contenitori» recuperati in modo filologico, testimonianza del passato recente della città «industriale» di laguna. Come le Conterie di Murano e altre fabbriche minori del vetro. Ma anche la profumeria Linetti in Lista di Spagna, oggi sede degli uffici regionali. Sempre alla Giudecca la fabbrica del ghiaccio Tenner, la tessitura Herion, le aree Fregnan e Trevisan, la fabbrica di orologi e spolette per bomba Junghans. Proprio la Giudecca sarà stamattina la meta della giornata conclusiva di studio del convegno.
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