L’Ater denunciò Boulaied in Procura nel 2017

PORTOGRUARO
Wail Boulaied non doveva essere lì. Il giovane marocchino, che per la Procura di Pordenone e per i carabinieri sarebbe l’assassino di Marcella Boraso (59 anni), da tre anni, insieme a un familiare, occupava abusivamente un alloggio nel complesso Ater di via Croce Rossa. L’Azienda territoriale per l’edilizia residenziale aveva denunciato il fatto alla Procura già il 13 febbraio 2017, con richiesta immediata di sgombero. Ma da allora sono passati tre anni e mezzo e lo sgombero non è stato mai attuato. Da tempo l’Ater sta conducendo una battaglia contro le occupazioni abusive. «Gli inquilini ci chiedono conto del fatto che loro pagano i canoni di affitto», spiega Raffaele Speranzon, presidente di Ater Venezia, «sono entrati regolarmente all’interno delle abitazioni passando per un bando. E poi vedono che ci sono persone che scavalcano qualsiasi tipo di graduatoria, buttando giù la porta di casa e non pagando nulla. Questo nella migliore delle ipotesi. Perché qualche volta questi soggetti sono anche persone poco raccomandabili. Non c’è solo una questione di ingiustizia, ma anche di sicurezza e degrado». Segnalazioni di questo tipo l’Ater le riceve ogni giorno da varie parti del Veneziano. E le aveva ricevute a fine giugno dai condomini del complesso di via Croce Rossa. Tanto che Ater aveva formulato una seconda denuncia. «Proprio qualche giorno fa avevamo provveduto a fare un esposto alla Procura di Pordenone», prosegue Speranzon, «non più tardi di martedì la responsabile del nostro ufficio legale è stata in Procura. Ad aprile ha eseguito un sequestro preventivo di un appartamento occupato». Purtroppo i tempi degli sgomberi sono lunghi. E rischiano di vanificare gli sforzi dell’Ater che nel caso di via Croce Rossa ha avviato da tempo un processo di risanamento del quartiere.
«Nelle prossime settimane verranno assegnati altri appartamenti», conclude Speranzon, «al di là del cordoglio per il fatto accaduto, dispiace che non si possa trovare soluzione in modo semplice al reato di l’occupazione». —
GIOVANNI MONFORTE
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