Lasciata a casa nella pandemia il giudice conferma: assumetela

Lasciata a casa in piena pandemia, nel corso di un cambio d’appalto per le pulizie, e riassunta su decisione del giudice del lavoro: l’azienda presenta il reclamo ma il tribunale lo rigetta, confermando quanto deciso nel primo provvedimento cautelare. Protagonista della battaglia giudiziaria è una donna di Marcon con una figlia di 14 anni, che, proprio mentre il virus dilagava, si è trovata senza un posto di lavoro. Nei giorni scorsi il tribunale di Udine si è pronunciato respingendo il reclamo presentato da Pulitecnica Friulana e Pf Group contro il provvedimento d’urgenza che, a gennaio, aveva visto il tribunale del lavoro disporre la riassunzione di una donna (difesa dagli avvocati Domenico Zito e Massimo Pagnin per la) impiegata nel settore delle pulizie nelle filiali Unicredit di Mestre e Venezia. Lo scorso novembre la società Pf Group di Udine e la consorziata Pulitecnica Friulana sono subentrate alla General Service nel servizio di pulizia delle filiali dell’Unicredit della provincia di Venezia. Come da intese tra le aziende la società entrante assume il personale della società che lascia l’appalto, e così infatti accade, con la sola eccezione di una dipendente che aveva un impiego a 30 ore settimanali, con ruolo anche di coordinatrice, per uno stipendio di circa mille euro al mese. Pf Group e Pulitecnica Friulana motivarono la mancata assunzione sostenendo che, avendo la dipendente un ruolo di coordinatrice, la sua assunzione non sarebbe rientrata tra gli obblighi della società. In realtà nell’elenco delle persone da assumere per il quale si accordarono le società - come evidenziato dai giudici - il nome della donna era al primo posto dell’elenco. Già il giudice del lavoro Fabio Lungo, nell’ordinanza che dispone l’assunzione dopo il ricorso della lavoratrice sostenuta dalla Uil Trasporti, aveva considerato «la notoria difficoltà nel reperire alternative soluzioni di impiego, dovendosi considerare, in particolare, che la fonte di reddito di cui trattasi risultava essere l’unica in grado di assicurare il sostentamento della lavoratrice e della figlia». Nel presentare il reclamo l’impresa di Udine ha cercato di spiegare che, non avendo un monte ore a disposizione nell’appalto Unicredit quale quello che spettava alla lavoratrice, per non lasciarla a casa le aveva offerto un contratto (a tempo determinato) con ruolo di coordinamento anche in Friuli, e poi a tempo indeterminato (per un altro appalto, alla Alutekna di Marghera), in questo caso con mansioni di pulizia. Lei, in un caso perché il contratto era a tempo e nell’altro perché era un demansionamento, aveva sempre rifiutato. Dinieghi leciti, secondo il giudice, perché era un suo diritto. E anche nelle motivazioni con cui ha respinto il reclamo il collegio del tribunale di Udine, presidente Andrea Zuliani, ha sottolineato, nell’inadempienza della società, il pericolo di «un danno grave» per il «periodo di esclusione dall’attività lavorativa» in ragione «della condizione mono-reddito della famiglia ». —
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