L'allarme del Patriarcato: «Lo Stato dimentica Venezia, San Marco nel degrado»

VENEZIA. «Lo Stato ha dimenticato Venezia. La nostra città vive un terremoto continuo, un degrado preoccupante. E la colpa è della continua assenza di finanziamenti». Un grido di dolore più che un allarme, quello lanciato ieri da monsignor Antonio Meneguolo, delegato patriarcale per i Beni culturali e responsabile della Basilica di San Marco. Uno stato preoccupante, quello in cui versa il patrimonio artistico religioso veneziano. Il museo a cielo aperto più grande del mondo con le sue 130 chiese e altrettanti campanili, chiostri, conventi, opere d’arte e beni ecclesiastici di inestimabile valore. Un patrimonio immenso che tutti a parole dicono di tenere in considerazione. Ma alla prova dei fatti le risorse non arrivano. «Il caso della Legge Speciale è clamoroso», attacca don Meneguolo, «soldi non promessi ma stanziati da quattro anni che non sono più arrivati». 50 milioni di euro che potrebbero aiutare a sistemare qualche crepa e far tirare un sospiro di sollievo alle imprese veneziane travolte dalla crisi. Invece, niente.
La lista dei beni trascurati dallo Stato è lunga. Dentro c’è anche la Basilica di San Marco, che pure gode di un trattamento speciale, con la Procuratoria che amministra fondi e può contare su 83 persone per la vigilanza al monumento più importante del mondo. Ma la vera emergenza è nelle chiese «periferiche», che stanno meno di altre sotto l’occhio di giornali e telecamere.
«A Torcello», spiega il monsignore, «i lavori sono stati interrotti da anni. E la situazione della torre e della cella campanaria è drammatica». Era stato il ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta, alla vigilia della campagna elettorale 2010, a promettere finanziamenti immediati per Torcello. Un milione di euro in arrivo a giorni. Ma non è più arrivato nulla, il governo è caduto e Brunetta ha anche dovuto rinunciare al suo avveniristico progetto di costruirsi una nuova villa in vetro e cemento a Torcello.Torcello, ma anche San Michele in Isola, il Lido, Sant’Alvise, San Marziale. Le grandi basiliche dei Frari e di San Giovanni e Paolo, costruzioni immense che avrebbero bisogno di manutenzione quotidiana.
«Dopo la tragedia di Modena mi hanno chiesto se avevamo avuto danni dal terremoto», racconta don Antonio, «ho risposto che noi qui abbiamo un terremoto continuo. Il degrado colpisce le murature che sono sull’acqua e hanno bisogno di manutenzione continua. Invece niente. da qualche anno i fondi non arrivano più». La Curia, ovviamente, non riesce a supplire. E i monumenti vanno in rovina. I restauri cominciati si fermano a metà, come appunto successo a Torcello. Nel 1973, sull’onda della spinta emotiva per l’alluvione del 4 novembre 1966 – e dell’Aqua Granda che arrivò al record storico di 194 centimetri sul medio mare – La prima Legge Speciale aveva stabilito un flusso annuale di finanziamenti per la manutenzione. Così la seconda Legge del 1984. Ma nel 2002 Berlusconi istituì la Legge Obiettivo, percorso privilegiato autorizzativo e finanziario per le grandi opere. Da quel momento la Legge Speciale ha avuto sempre meno finanziamenti, dirottati tutti al Mose. Negli ultimi anni il Comune non ha avuto un euro per la manutenzione degli edifici, lo scavo dei rii e il restauro di ponti e fondamente. Ma i fondi sono stati tagliati anche al Magistrato alle Acque, che si occupa del restauro degli edifici demaniali e dunque anche di molte chiese e conventi. Il degrado avanza, e così anche la Curia deve ricorrere a sponsor privati. È il caso del restauro della chiesa di San Bartolomeo, finanziata con le maxipubblicità, di San Luca e di altri edifici minori. Ma si tratta di una goccia nel mare. L’attività di restauro è ferma per mancanza di risorse. «Un’assenza di fondi diventata cronica», denuncia don Meneguolo, «così non possiamo andare avanti».
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