Lacrime e dolore: «Ciao Silvia» In 2.500 per l’ultimo saluto

SAN MICHELE. Quaranta cuori bianchi, alzati verso il cielo quasi a dire «Ciao Silvia». Hanno toccato il cuore di ogni presente e sono volati via, lassù. San Michele si è fermata ieri pomeriggio per tributare l’ultimo saluto a Silvia Gobbato, la 28enne praticante, di fatto avvocato dopo aver superato la prova scritta, massacrata a coltellate mentre stava facendo jogging al parco del Cormor, sull’ippovia di Udine, dove tanti udinesi vanno a correre per raggiungere il benessere fisico. Non c’era spazio che per Silvia, ieri, nei pensieri di ogni partecipante al funerale. Ed erano tanti i fedeli, amici, parenti, conoscenti, che non hanno voluto mancare. Gente semplice che non farebbe male a nessuno, persone che non si rassegnano e non si piegano di fronte a un fatto così devastante per le coscienze.
Erano almeno 2500 le persone che hanno partecipato alla cerimonia funebre. L’emozione è stata collettiva. Il dolore della famiglia si è trasformato nel dolore di una comunità intera. A seguire il feretro, all’entrata in chiesa, i familiari più stretti di Silvia. In prima fila la madre, Cinzia Perosa, vestita di nero, a lutto. Accanto non l’hanno mai lasciata un attimo Adriano Gobbato, il padre di Silvia, e il fratello Paolo con cui la ragazza condivideva l’appartamento in centro a Udine. Durante l’offertorio sono stati raccolti fondi da destinare alla Casa Madre della Vita di Pordenone, una struttura che accoglie madri in difficoltà, presieduta dal vescovo emerito della diocesi di Concordia Pordenone, Ovidio Poletto. Il vescovo attuale, monsignor Giuseppe Pellegrini, ha rinnovato messaggi di solidarietà e preghiera verso la famiglia di Silvia. I genitori e il fratello, attraverso don Andrea Vena, hanno voluto esprimere un grazie a tutta la comunità di San Michele. Presente anche una delegazione di sindaci e un assessore provinciale provenienti da Udine; il sindaco di San Michele al Tagliamento, Pasqualino Codognotto; il sindaco di Gruaro, assessore provinciale e soprattutto parente acquisito di Silvia Gobbato, l’architetto Giacomo Gasparotto, che ha descritto così prima di entrare in chiesa il dolore dei familiari. «Non ho mai sentito pronunciare in questi giorni una parola di astio, niente che richiamasse all’odio verso Nicola, il presunto assassino. Sabato nella veglia – ha ricordato Gasparotto – don Andrea Vena aveva chiesto di pregare anche per lui. Lo abbiamo fatto». Tanti i giovani che hanno voluto essere presenti all’estremo saluto. Defilato, fuori dalla chiesa, l’ex fidanzato della ragazza, rimasto comunque molto legato. C’era anche Giorgio Ortis, il collega che stava correndo con Silvia fino a pochi minuti prima che avvenisse l’atroce delitto. Giovani anche i ragazzi che si sono fatti carico del peso della bara di Silvia, che l’hanno sollevata nel suo ultimo viaggio terreno. Da nessuno di loro traspariva una particolare emozione, ma il loro cuore certamente sarà stato in tumulto. E poi quei palloncini bianchi, a forma di cuore, spinti verso l’alto. L’idea è stata di due ragazzi di Portogruaro, amici di famiglia di Silvia Gobbato da lunga data. Quei 40 cuori, saliti in cielo alla fine del funerale, mentre la bara stava uscendo dalla chiesa di San Michele Arcangelo, molti non sono riusciti nemmeno a vederli bene, perché avevano gli occhi rigati dalle lacrime. Li hanno liberati in cielo nella speranza raggiungessero Silvia.
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