La romantica e tragica storia d’amore di Fiore e Giovanni. Una passione vietata all’ombra della Rocca

La storia
Le vestigia della Noale medievale si ritrovano nella Rocca, il suo iconico monumento, simbolo dei signori Tempesta, avogari (rappresentanti) del vescovo di Treviso. I fasti del Medioevo noalese rivivono ogni anno a giugno (Covid permettendo) nella superba rievocazione del Palio attuata negli ultimi anni dalla Pro Loco, con decine di migliaia di persone che assistono a cortei in costume, incendio della torre e giochi di corte.
Ma Noale, nei primi anni del Trecento, ha rappresentato anche la location di una struggente storia d’amore conclusa tragicamente. Quella vissuta da Fiore, ragazza di condizione agiata, e Giovanni, umile lavoratore. Fiore e Giovanni non raggiungeranno mai la notorietà delle grandi coppie della letteratura, quella che Dante ha assicurato a Paolo e Francesca, William Shakespeare a Giulietta e Romeo o Alessandro Manzoni a Renzo Tramaglino e Lucia Mondella.
Ma i due sfortunati amanti della Noale medievale potranno “ringraziare” Raffaele Roncato, storico medievista noalese, per aver rimosso la polvere dalla loro travagliata storia d’amore, rimasta nascosta ai più, per secoli, sepolta nei registri del notaio e cancelliere Prosdocimo da Asolo, conservati nell’Archivio di Stato di Treviso.
Siamo nel giugno 1332, mezzo secolo dopo la tragica fine di Francesca da Polenta e Paolo Malatesta, narrata nelle immortali terzine dantesche. Giovanni era un povero familius partito dalla Padovana, per venire a lavorare nel gruppo dei servitori di Fioravante a Fossa di Scorzè, un villaggio della contea dei Tempesta di Noale.

Fiore quasi certamente non è una popolana, ma appartiene a una famiglia di buona condizione: dalla fonte archivistica sappiamo che il fratello Alberto possedeva un campo dove c’era anche un’abitazione. Ed è proprio il fratello Alberto Cararo che nel fondo notarile figura come “il condannato in contumacia alla decapitazione”.
La sua colpa? «Premeditatamente e deliberatamente ha aggredito a Fossa di Scorzè sopra un campo abitato dallo stesso Alberto, la sorella Fiore e Giovanni servo di Fioravante da Fossa e figlio del fu Macarone dalla Padovana, con una lancia e che li ha colpiti nonché feriti a morte in più parti del corpo... e a causa di queste ferite Fiore e Giovanni sono morti all’istante».
Un delitto d’onore, quindi. Fiore e Giovanni, sulla base delle convenzioni dell’epoca non avrebbero potuto amarsi; ma il loro sentimento, come nelle più avvincenti storie d’amore, era più forte dei divieti e, alla fine, entrambi hanno pagato con la loro stessa vita il tributo alla passione.
Dalle scarne righe del processo custodite nell’Archivio di Stato, lo storico Roncato ha tratto anche un poemetto, “La ballata di Giovanni e Fiore”, recitato in Rocca qualche anno fa. Dopo l’introduzione del coro, è Giovanni a esternare la sua passione: Io spinto in plaga di povertà, da amara sorte e ingiusta, cuore ebbi per amare, e sfidando umana crudeltà, io della bella Fiore, prèsemi a innamorare, prima che anche Fiore confessi l’irresistibile attrazione per il suo amato: Fu il vedere nel suo dolce sguardo brillare dignità, che tremare mi fece, e sentir del cuore la tempesta, Sì, di Giovanni famulo, d’amor presi a bruciare.
Tocca poi al Coro anticipare la tragedia che incombe: Son di pianto voci e di tormento, echi son del dolore, di Giovanni e Fiore.
È Fiore infine a formulare l’atto d’accusa nei confronti del fratello: Ma sul nostro anelo e caldo abbraccio, ombra più nera s’alza, del fratello crudele, la mano armata di lancia uccide, noi sol di vita amanti, noi sol d’amore ardenti.
E Giovanni a emettere l’ultimo respiro e, con esso, il suo epitaffio: Breve fu lo scuro della morte, e in abbinato volo, insieme fummo in alto, dove non giunge dell’uomo il gelo. L’amore eterno vive, La cupidigia è morte.
La sfortunata storia d’amore non può che concludersi nel suggestivo scenario della Rocca. Conclude il Coro: Tra le torri erte nell’azzurro, scorre ignaro il tempo, sopra antiche mura, Su Noale volan due colombe, parlano dell’amore, di Giovanni e Fiore. —
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