La nipote di Campagna «Perché mi chiamo Chiara Andrea»
la testimonianza
«Questa lettera dovrebbe essere distribuita in tutte le scuole del Veneto», dice l’assessore regionale all’Istruzione Elena Donazzan durante la commemorazione di Lino Sabbadin. Si riferisce a una lettera scritta da Chiara Andrea Ajelli, nipote di Andrea Campagna, agente della Digos ucciso a Milano da Cesare Battisti il 19 aprile 1979 in un attentato rivendicato dai Proletari armati per il comunismo (Pac). Ieri, alla commemorazione di Lino Sabbadin, era presente anche il fratello di Andrea Campagna, Maurizio, con sua moglie Stefania che ha letto la lettera scritta dalla nipote Chiara Andrea Ajelli il giorno in cui Battisti è stato arrestato.
Chiara ha 28 anni, è figlia di Sabrina, la sorella di Andrea Campagna: non ha mai conosciuto suo zio. «Voglio raccontarvi una storia: quella del mio secondo nome. Tutti mi conoscono come Chiara, ma solo pochi sanno che il mio nome completo è Chiara Andrea. Andrea era mio zio, e l’uomo che l’ha ucciso è il terrorista, e nessuno dica ex, Cesare Battisti. Il mio racconto parla di come un uomo malvagio, con un semplice gesto, sia riuscito a condizionare e a stravolgere per sempre la vita di un’intera famiglia. Vorrei sapere se aveva pensato a tutte le conseguenze. Lo sapeva che a causa sua una mamma avrebbe ascoltato di notte il respiro della figlia per timore di perderla, che avrebbe aspettato i figli sveglia di notte per assicurarsi che fossero tornati a casa sani e salvi? Lo sapeva che avrebbe distrutto l’innocenza di bambini che fin da piccoli hanno sempre saputo che le cose brutte possono accadere anche a loro? Lo sapeva che queste persone non avrebbero mai potuto lasciare qualcuno con rabbia nel timore di non avere più l’occasione di chiarirsi? Lo sapeva che dei nipoti si sarebbero chiesti per tutta la vita come sarebbe stato avere ancora lo zio? Lo sapeva che con un singolo gesto avrebbe cambiato la vita di almeno 20 persone? Quale arroganza lo ha fatto credere degno di avere il diritto di decidere chi deve vivere e chi deve morire? Questo vorrei sapere. C’è una famosa canzone che dice “Pensa, prima di sparare pensa, che puoi decidere tu”. Cesare Battisti non ha pensato, ha solo deciso, e lo ha fatto 5 volte. Cinque colpi che riecheggeranno per sempre nella vita dei cari di Andrea».
Si ferma un attimo Stefania, scendono alcune lacrime. Poi riprende a leggere. «Questa era la storia del mio secondo nome. Un nome che porto fiera. Il nome di un ragazzo. Il nome di una famiglia. La mia». Un istante di silenzio, poi partono gli applausi, spontanei. Per 40 anni la famiglia Campagna ha atteso giustizia, fino a quando Battisti è stato arrestato.
«Battisti ha ucciso mio fratello ma non abbiamo mai voluto vendetta, ma giustizia», dice Maurizio Campagna, il fratello di Andrea, «Ci sono voluti 40 anni ma non importa quando arriva la giustizia, basta che prima o poi arrivi. Se Battisti proverà a contattarci sarà solo per cercare di avere sconti di pena, non credo che si sia pentito. Lui dice di essere innocente, ma faceva parte dei Pac: se non è stato lui dica chi è il colpevole. Ho letto tutto su Battisti, ho letto le sentenze: lui ha ammazzato mio fratello». —
Matteo Riberto
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia