«La legge italiana è inadeguata e costosa»

VENEZIA. «Condivido al cento per centolo stato d’animo e il disagio che si trova ad affrontare quest’uomo, il quale ha più che ragione». A parlare è Mara Siclari, sindacalista, responsabile dello sportello Nuovi Diritti della Cgil, ma anche transessuale che al contrario di R.C, da uomo ha scelto di diventare donna. «Già la transizione costa», spiega, «senza contare che è un periodo difficile per cercare lavoro e tenersi quello che si ha, ancor di più se si cambia sesso. È una vergogna che in Italia si debbano spendere tutti questi soldi. Denaro per le operazioni, per le cure ormonali, per le ricostruzioni e per gli avvocati. La legge italiana stabilisce che operarsi o abusare del proprio corpo, anche effettuando una operazione chirurgica, a differenza che in Germania, è reato. Per questo serve l’autorizzazione del Tribunale». Chiarisce: «Quando si vuole cambiare nome si deve per prima cosa ottenere una perizia psichiatrica. Se viene stabilita la capacità di intendere e volere, viene conferita successivamente l’istanza dal Tribunale. A quel punto si può prenotare l’operazione finalizzata al cambio di sesso e successivamente c’è il conseguente cambio di nome e la trafila del codice fiscale, dell’anagrafe, dei documenti. Tramite il Tribunale si potrebbe anche ottenere un patrocinio gratuito, ma di questi tempi è difficile».
Secondo Maria Siclari, è più facile da donna diventare uomo, che l’inverso. «Sotto il profilo fisico, è meno complicato farsi crescere la barba che dover soffrire per eliminare il pelo definitivamente. Così come il cambio di voce, in tre mesi le corde vocali si ispessiscono e non tornano più come prima. Sotto il profilo psicologico e nell’immaginario sociale, inoltre, è più facile questa transizione, mentre spesso passare da uomo a donna, è immaginato da molti come degradante». Gli uomini un tempo donne, si mimetizzano, difficilmente si riconoscono. «Riescono meglio di altri a vivere una vita “normale”, anche se sorge qualche problema, poi, circa l’aspetto strettamente sessuale».
«L’articolo 5 del codice civile», chiarisce Alessandra Gracis, un tempo Alessandro, avvocato civilista, «sancisce il divieto di disporre del proprio corpo, ma la cosa che fa più specie, è che il tribunale autorizza il cambio di sesso solo dopo la mutilazione genitale, come condizione irrinunciabile che il legislatore non prevedeva ma che è l’interpretazione che i nostri giudici danno della legge, a dir poco barbarica»
Marta Artico
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