La cultura per sconfiggere la segregazione

Il 29 marzo 1516, il Senato veneziano decretò che tutti «li giudei debbano abitar unidi», in un’area delimitata e sorvegliata della città: si scelse il “Getto”, dal nome dei resti di una fonderia di rame. Quello di Venezia fu il primo Ghetto al mondo. «Quando l’isola del Ghetto Novo venne destinata agli ebrei», si legge nelle note al sito Veniceghetto500.org, con tutti gli appuntamenti, «si munirono di cancelli i ponti sul rio di San Girolamo e sul rio del Ghetto chiusi di notte e controllati da guardiani pagati dagli stessi ebrei. Altri guardiani pattugliavano i canali in barca».
E, ancora, «la cosiddetta nazione todesca (...) venne obbligata a gestire i banchi di pegno del ghetto e a pagare un gravoso tributo annuo. La strazzarìa, il commercio dell’usato, era l’unico mestiere alternativo concesso, se si eccettuano la professione della medicina e il lavoro di pochi fortunati, nelle stamperie di libri ebraici». Un luogo di segregazione, ma - come sottolineato anche dal presidente delle comunità Gattegna - un luogo dal quale «venne fuori un esempio di altissima tradizione culturale, intellettuale e religiosa». Se il concerto di questa sera alla Fenice è riservato ad una platea di invitati, molti sono gli appuntamenti culturali e di confronto in programma nei prossimi mesi. Iniziando dalla importante mostra che sarà inaugurata a Palazzo Ducale il 19 giugno sulla storia del Ghetto e della comunità ebraica veneziana, ma anche la rappresentazione in campo del Ghetto del “Mercante di Venezia” di William Shakespeare (26-31 luglio). Prevista anche una raccolta fondi internazionale per il restauro del Museo Ebraico e delle sinagoghe cinquecentesche.
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