«La città adotti l’Exodus del pittore Safet Zec»

La presentazione del Comitato nato per salvare il ciclo sulle migrazioni esposto alla Pietà
Anche i cittadini possono giocare un ruolo importante contro l’oblio di quelle opere d’arte che, una volta conclusa l’esposizione, finiscono nel dimenticatoio. Tanto più nei confronti di quei lavori pittorici che raccontano di un fenomeno epocale come l’immigrazione, racchiudendo in sé valori morali e civili, come quelli di Safet Zec ospitati da maggio fino ad oggi alla Pietà. Questo devono aver pensato l’architetto Giorgio Leandro, Patrizia De Micheli e un gruppo di amici e conoscenti quando due settimane fa hanno dato vita al “Comitato per la promozione e valorizzazione del ciclo pittorico Exodus di Safet Zec”. Comitato presentato ieri alla Pietà. La mostra con i lavori del maestro bosniaco, ormai veneziano d’adozione, il 30 novembre chiuderà i battenti, dopo 7 mesi di apertura e quasi 200 mila visitatori. Exodus è la prima mostra ospitata dalla Pietà, chiesa consacrata, negli ultimi nove anni. Numeri di un successo che va al di là delle cifre, per via di opere che hanno saputo raccontare l’emergenza di questo secolo: «Il 900 ha avuto le sue guerre mondiali», ha spiegato il professor Leandro, «le cui atrocità hanno trovato molte espressioni artistiche, come Guernica di Picasso. L’immigrazione è invece il fenomeno epocale del nostro secolo. Per questo il ciclo di Safet Zec è così importante».


Lo scopo del Comitato e della sua raccolta di firme (anche su Change.org) è quello di promuovere la conoscenza del ciclo pittorico, favorendo l’esposizione in altre sedi (dal 12 dicembre sarà visitabile nell’abbazia di Rosazzo, in Friuli), per poi trovare una sua adeguata e definitiva collocazione. Possibilmente a Venezia, visto il legame tra l’artista e la laguna. Ma anche fuori dalla città, fanno sapere dal Comitato: «L’importante è che sia uno spazio sacro che custodisca la sacralità dell’opera. Quando l’arte si porta dietro valori morali e civili, diventa un’opera globale. Siamo aperti a qualsiasi tipo di consiglio, l’importante è trovare una nuova casa per la mostra: sarebbe un peccato se Venezia si lasciasse sfuggire questa ricchezza». Duecento firme sono state già raccolte nelle prime due settimane, ma gli organizzatori sono convinti che il numero aumenterà col passare dei giorni. La loro convinzione è che Venezia sia ancora capace di gesti di questo tipo: «Ci piace pensare di vivere in una città che si accorga di avere tra i suoi cittadini un grande artista».


Eugenio Pendolini




Riproduzione riservata © La Nuova Venezia