Ipotesi abuso edilizio in cantiere: «L’attività ora rischia la chiusura»

Quarto d’Altino, Polizia locale dai Crosera per acquisire l’area dopo una sentenza del Consiglio di Stato

Giovanni Monforte
Vigili, avvocati e imprenditori durante la discussione per l'espropriazione forzata dell'area
Vigili, avvocati e imprenditori durante la discussione per l'espropriazione forzata dell'area

«Faranno chiudere un’azienda che ha 170 anni di storia». A dirlo è Francesco Crosera, titolare con il figlio Marco del Cantiere nautico Crosera di Portegrandi.

Lunedì 14 luglio polizia locale e tecnici del Comune hanno acquisito un’area del cantiere al centro di un presunto abuso edilizio, secondo una sentenza del Consiglio di Stato.

«Su 3 mila mq, me ne espropriano circa 1500, cosa rimane dell’azienda?», chiede Crosera.

La vicenda si ricollega al Piruea di Portegrandi, risalente alla giunta Marcassa. Nel 2014, in forza di quel piano, i cantieri Crosera avevano ottenuto la licenza per costruire un capannone. Ma il Piruea è decaduto, sono seguiti vari contenziosi anche con i vicini e si è giunti all’annullamento delle concessioni rilasciate.

Nel frattempo, i cantieri Crosera avevano versato gli oneri di urbanizzazione e la quota parte degli oneri del Piruea. Decaduto il Piruea, hanno pagato diverse sanatorie. In seguito a ordinanza di demolizione, il capannone ritenuto abusivo è stato abbattuto, tranne una parete, che i periti dell’azienda ritengono una struttura portante, la cui demolizione comporterebbe un rischio di crollo, con danni anche alla ditta confinante.

Per il Comune non si può attestare con certezza l’impossibilità di abbattere. Mentre è pendente un ricorso al Consiglio di Stato, il Comune, preso atto del mancato abbattimento integrale, ha applicato l’acquisizione dell’area secondo legge.

«Non capiamo perché non ci sia lo stesso trattamento per altri», attacca Crosera, «Presenteremo una denuncia in Procura, per chiedere di verificare tutti gli atti di questi anni».

«Il Comune sta solo dando esecuzione a delle sentenze definitive del Consiglio di Stato», ribatte il sindaco Claudio Grosso, «I problemi della ditta risalgono a 15 anni fa. Se stiamo parlando solo ora di demolizione, è grazie all'Amministrazione che ha ritenuto di verificare la fattibilità di ogni soluzione legislativamente prevista per non mettere in difficoltà l’azienda. Parliamo dell’agire dell’Amministrazione e non della compagine politica, i due piani vanno distinti. La strada da ultimo percorsa stava portando a una soluzione, ma la ditta ha mutato posizione. Il vicino della ditta Crosera Danilo Srl non ha subito alcun ricorso al Tar in merito al capannone. Questa è la spiegazione del perché non ha ricevuto un’ordinanza di demolizione contestualmente».

La consigliera Cristina Baldoni chiede un confronto: «Ci sono una ventina di posti di lavoro che vanno assolutamente tutelati».

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