«Io truffatore? Non sono scappato, ecco la mia verità»

Vive a Zelarino e lavora in città Antonio Lombardi, il mestrino condannato a 8 anni e 5 mesi: «Non sono un truffatore»
Antonio Lombardi, truffatore condannato a 8 anni di carcere
Antonio Lombardi, truffatore condannato a 8 anni di carcere

«Vista la facilità con cui mi avete trovato, direi che non sono uno che è irreperibile. Giusto?». E ride, per un attimo.

Antonio Lombardi, 46 anni, mestrino, prima risponde al cellulare poi accetta di incontrarci in un bar di via Torino, non lontano dalla sede del suo nuovo lavoro, dove fa il consulente aziendale.

«Io sono innocente, mi sento preso in giro dalla società tutta. E adesso, dopo questa condanna, e gli articoli di giornale so che rimarrò senza lavoro», esordisce. «In questi ultimi tre anni ho perso tutto, sono tornato a casa a Zelarino dai miei genitori dove ho la regolare residenza. Io quei soldi non li ho mai presi e a quel processo non mi hanno mai chiesto di deporre, non mi è mai stato notificato nulla. Insomma, non ho avuto la possibilità di difendermi».

Il processo è quello conclusosi l’altro ieri con una condanna, pesante, da parte del giudice monocratico di Pordenone: 8 anni e cinque mesi di reclusione, 5.400 euro di multa, interdizione perpetua dai pubblici uffici e interdizione legale pari alla durata della pena. Più di quanto aveva chiesto il pubblico ministero di Pordenone, il pm Federico Facchin, che si era fermato a sette anni. L’inchiesta datata 2009 riguarda l’attività svolta dall’uomo nel Pordenonese per tre anni: è accusato di aver raccolto e fatto sparire oltre 500 mila euro dal portafoglio di 22 persone, che non hanno poi visto più un soldo. Truffa, insolvenza fraudolenta e violazione del testo unico bancario le accuse. Come procuratore di una società svizzera, la “International Group by Ubs”, con sede a Lugano, Lombardi, sostiene l’accusa, si faceva consegnare soldi in contanti promettendo investimenti ad alto rendimento. E anche la sua ex convivente oggi lo accusa di averla rovinata per quegli investimenti inesistenti.

La Procura di Pordenone parla di oltre 546 mila euro incassati in 3 anni. Al processo è stato dichiarato contumace. Ma lui era nel pieno centro di Mestre a lavorare.

«Io non sono un truffatore, ora invierò una raccomandata all’avvocato d’ufficio Enzo Del Bianco per togliergli il mandato. L’ho sentito una volta; mi ha detto: “stai lontano e sereno”. Ora intendo affidarmi all’avvocato Giacomazzi per ricorrere in appello contro la sentenza», ci spiega Lombardi, che ammette di aver avuto difficoltà in questi anni a pagare anche le spese legali, perché dopo l’indagine e l’arrivo della Guardia di Finanza «non avevo più neanche una moneta in tasca». E insiste con la sua versione: «Io del processo non sapevo nulla, stamattina (ieri, ndr) sono arrivato al lavoro e i colleghi mi hanno mostrato i giornali: “Sei tu?”, mi hanno chiesto e io sono caduto dalle nuvole. Adesso sono in una situazione difficilissima. Ma non sono mai scappato, non sono mai sparito. Io non mi sono appropriato dei soldi, li prendevo dai clienti e li consegnavo alla società. Loro investivano, era prevista anche una assicurazione di copertura. Si parla di 22 persone ma io so di dieci persone e i soldi erano molti di meno». E conclude: «Secondo me se non partiva all’epoca la denuncia i soldi si sarebbero trovati, la società sarebbe arrivata ad un accordo».

Lombardi resta vago. Di più non dice. Racconta qualcosa di sé: smentisce di essere un ex carrozziere ma spiega di aver lavorato nella Guardia di Finanza (dice, dal 1985 al 1999)e di essere divorziato. Dal primo matrimonio ha avuto due figli. A Varese, dove viveva, ha seguito il corso per diventare agente di commercio. Poi la separazione e la scelta di vivere nel Pordenonese dove conosce l’ex compagna con cui ha avuto un altro figlio. «Anche con lui non sono mai sparito, lo provano gli sms». Ora l’ex compagna è tra i suoi accusatori. Questa la verità di Lombardi, un racconto che stupisce, specie quando dice che dell’andamento del processo lui non sapeva nulla. Truffatore irreperibile per i giudici, mentre a Mestre ha continuato a lavorare, stipulando contratti.

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