«Inconcepibile non ci sia il Mose: doveva essere finito quindici anni fa»

VENEZIA. «Il Mose doveva essere terminato quindici anni fa, non so darmi una spiegazione perché l’opera si trovi ancora in queste condizioni, anche se nel frattempo è successo di tutto intorno a essa. Ma è inconcepibile che una città fragile come Venezia si trovi ad essere ancora esposta come avviene oggi (ieri ndr) alle acque alte eccezionali».
Romano Prodi, già presidente del Consiglio oltre che poi della Commissione Europea, ha sperimentato di persona ieri gli effetti sulla città, delle maree oltre i limiti, partecipando alla Fondazione Cini sull’isola di San Giorgio, come presidente onorario del Taihu World Cultural Forum alla celebrazione di un nuovo finanziatore cinese per l’istituzione culturale veneziana (ne riferiamo in altra parte del giornale). Il Mose è sempre stato un’opera bipartisan, approvata in successione dai governi Ciampi, Amato e D’Alema. La prima pietra (una lapide lo ricorda) fu poi posata da Silvio Berlusconi il 14 maggio 2003. Ma la “benedizione” definitiva venne nel 2008 anche dal governo di Romano Prodi.

«Non seguendo più direttamente l’andamento dell’opera» commenta ancora Prodi «non sono in grado di dare un giudizio preciso sui motivi reali di questo pesante ritardo nell’entrata in funzione del sistema di dighe mobili. Ma una cosa è certa: il Mose deve essere terminato nel più breve tempo possibile e entrare in funzione. Anche le previsioni sui cambiamenti climatici e l’innalzamento dei mari dei prossimi anni che riguardano anche Venezia, indicano che per la salvezza della città è essenziale che le dighe funzionino e la proteggano dalle acque alte».
A chiamare in causa in anni recenti all’interno delle vicende legato al processo per lo scandalo legato alle tangenti del Mose, anche lo stesso Prodi, era stato Armando Danella, ex dirigente del Comune di Venezia e per vent’anni responsabile della Legge Speciale regionale del Veneto per la salvaguardia della laguna di Venezia, ricordando come Prodi, avesse deciso unilateralmente di autorizzare l’avanzamento dell’opera, nonostante la valutazione di impatto ambientale negativa e il parere contrario degli allora ministri dell’Ambiente e della Ricerca Scientifica, rispettivamente Alfonso Pecoraro Scanio e Fabio Mussi.
«Trovo singolare che invece di prendersela con chi si è lasciato corrompere e ha speculato sui lavori del Mose» replicò allora Prodi in una nota, «ce la si voglia prendere con chi ha consentito che un’opera fondamentale per la salvezza di Venezia andasse avanti. Il progetto del Mose, preesistente al governo da me presieduto, fu discusso e esaminato dal “comitato di coordinamento per la salvaguardia di Venezia e della laguna” in numerosissime riunioni e fu approvato da una larghissima maggioranza dei componenti. Non procedere alla sua realizzazione sarebbe stato del tutto assurdo e irragionevole». E su questo Prodi non ha cambiato idea e anche ieri ha ribadito appunto l’urgenza del completamento dell’opera. Per la “cabina di comando” manca ancora da parte del Governo la nomina del nuovo provveditore alle opere pubbliche del Triveneto, che prenda il posto dell’ingegner Roberto Linetti, andato in pensione da pochi mesi, e del commissario sblocca-cantieri del Mose.
Un’altra nomina attesa da tempo dopo che con la caduta del Governo Lega-Cinque Stelle era saltata anche la nomina dell’esperto indicato dall’allora ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, nella persona del tenente colonnello dei Carabinieri Gaetano De Stefano. —
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