Inchiesta Mose, Mazzacurati torna libero: «È stato leale e collaborativo»

VENEZIA. Dopo 27 giorni di arresti domiciliari, è tornato ieri un uomo libero Giovanni Mazzacurati, 81 anni, l’uomo che alla presidenza del Consorzio Venezia Nuova - che ha lasciato dopo vent’anni al timone, solo alla vigilia dello scoppio della bomba giudiziaria - ha trasformato la salvaguardia della laguna di Venezia in un affare da quasi 6 miliardi di euro sul quale dettava legge, forte di quella concessione unica riconosciuta al Cvn dallo Stato italiano.
Il giudice per le indagini preliminari Gabriele Scaramuzza, ha accolto la richiesta di revoca delle misure cautelari avanzata dagli avvocati difensori Muscari Tomaioli e Biagini, per motivi di salute, ma non solo: anche per il suo atteggiamento «leale» nel corso degli interrogatori. «Certamente il giudice ha preso atto dello stato di salute dell’ingegnere, ma è stata anche riconosciuta la sua piena lealtà nel corso degli interrogatori con il pubblico ministero», sottolinea l’avvocato Muscari Tomaioli. Anche la pubblico ministero Paola Tonini ha espresso parere favorevole alla revoca degli arresti domiciliari: quanto accaduto nell’inchiesta parallela del pm Ancillotto (ma che va verso la riunificazione) sui fondi neri che Piergiorgio Baita costruiva per milioni di euro quand’era alla guida della Mantovani con un giro di false fatturazioni, ha però dimostrato che chi ha visto attenuata la misura cautelare (lo stesso Baita ha ottenuto gli arresti domicilari dopo tre mesi di carcere) l’ha ottenuto solo dopo aver raccontato ai magistrati qualcosa in più rispetto a quanto già a conoscenza della Procura, in seguito alle indagini.
Inutile dire che l’attesa è per un possibile sviluppo politico dell’inchiesta: il colonnello della Guardia di Finanza Renzo Nisi, che ha coordinato le indagini, ha detto più volte che per esperienza professionale, fondi neri di questa natura finiscono in mazzette, più ancora che in evasione. Tant’è, sono stati tutti secretati gli interrogatori che riguardano - in entrambe le inchieste - l’aspetto delle false fatturazioni. C’è quindi molta attesa sugli sviluppi che quest’indagine potrebbe ancora riservare, comprese le dichiarazioni che lo stesso Mazzacurati ha reso nel secondo interrogatorio davanti alla pm Tonini, quando gli è stato chiesto a che servivano i fondi neri raccolti dal Consorzio attraverso le imprese, che consegnavano lo 0,5 per cento degli introiti percepiti per i lavori svolti.
Così ha un bel dire il legale di Mazzacurati, nel ribadire che nei due interrogatori, l’ingegnere abbia risposto solo in merito alle accuse dell’ordinanza di custodia cautelare, secondo la quale l'ex presidente del CVN si sarebbe attivato per far vincere a una serie di piccole imprese chioggiotte la gara d'appalto da 17 milioni di euro per lo scavo dei canali portuali, fermando Mantovani &C. A riguardo, Mazzacurati si era assunto le proprie responsabilità, sostenendo di averlo fatto solo in quell’occasione, per aiutare le realtà locali.
Disponibilità nel fare un passo oltre che non avrebbe avuto Savioli, già nel cda del Consorzio, al quale il Riesame ha negato la revoca degli arresti domiciliari, con parere negativo anche della pm, nonostante nel primo interrogatorio avesse ammesso di aver raccolto dalle imprese danaro, aggiungendo però di averlo consegnato al Consorzio. Non avrebbe però detto a chi, tanto che la pm Tonini aveva interrotto un secondo interrogatorio, per reticenza. Ora, i giudici del Tribunale del Riesame (presieduto da Angelo Risi), nel motivare la loro decisione, osservano che Savioli - «Persona da anni inserita in questo contesto di affari facili di dazioni di danaro dalle causali incerte» -è «il secondo motore dell’operazione illecita, opera a stretto contatto con Mazzacurati e Sutto per stravolgere l’iter e gli esiti della gara», forte di «una fitta rete di rapporti che aveva intrecciato con ambienti e settori della pubblica amministrazione e dell’imprenditoria, rivelatisi disponibili a violare o aggirare la legge.
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