In pensione Bozza, il chirurgo dello Iov che ha salvato dal tumore migliaia di donne

Il direttore veneziano della Chirurgia senologica continuerà a lavorare nella sanità: opererà anche a Villa Salus 
Elvira Scigliano
TOME' - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - DOTTOR FERNANDO BOZZA.
TOME' - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - DOTTOR FERNANDO BOZZA.

il profilo

Nei giorni scorsi il dottor Fernando Bozza ha svestito per l’ultima volta il camice bianco allo Iov di Padova. Il direttore dell’Unità operativa “Breast unit”, Chirurgia senologica, è andato in pensione, chiudendo un capitolo di scienza, medicina e umanità per la sanità padovana. Tuttavia il chirurgo di Santa Maria di Sala, che ha salvato migliaia di donne dal tumore al seno, ha detto solo arrivederci alla professione perché continuerà a lavorare nella sanità veneta a Padova e a Villa Salus a Mestre.

Abbiamo raggiunto il professor Bozza al cellulare, proprio quel telefono che l’ha accompagnato come un’ombra, nei giorni di festa e in vacanza, pronto a rispondere con un sorriso a tutte le sue pazienti. «Vado via in bellezza il giorno del mio compleanno», commenta. «Sono in pensione ma, a Dio piacendo, vorrei continuare la mia attività. Non ho ancora ufficializzato niente perché, finché ero allo Iov, non mi piaceva, ma ci sono degli accordi con alcune strutture della città e del territorio. Tutta la vita mi sono messo a disposizione dei miei pazienti e sono proprio loro che mi mancheranno di più: non mi sono mai pentito di aver dato a tutti, indistintamente, il mio numero di telefono».

Uno dei motivi che, insieme alla preparazione e alla professionalità, hanno fatto del dottor Bozza uno dei chirurghi più stimati e popolari. «L’ospedale è stato la mia seconda casa», ricorda. «Sono qui dal terzo anno di Medicina, poi sono stato assunto a Chirurgia generale e dal 2006 ho iniziato a collaborare con lo Iov, costituito in modo tale che potessero afferirvi vari specialisti dell’Azienda». Ma è il 2009 il grande spartiacque, quando lo Iov ufficializzò la Breast unit. Quel primo anno vennero eseguiti 250 interventi chirurgici, cinque anni dopo il dottor Bozza li portò a 1.151 (di cui 740 in day hospital) e oggi saluta la sala operatoria con 1.500 interventi all’anno.

«Non ho mai avuto dubbi su cosa fare», conferma. «Anche se non sapevo che sarei arrivato fin qui, che lo Iov sarebbe arrivato ai più grandi livelli degli ospedali europei. Dicono sia stato un punto di riferimento, forse sì, ma sono sicuro che il merito sia dell’equipe. Le manifestazioni di affetto in questi giorni sono incredibili e mi riempiono il cuore: ho lavorato per questo, per le mie pazienti, perché una paziente è prima di tutto una donna. La malattia è una faccenda meccanica, quello che è complesso è la persona che abbiamo di fronte».

Il talento chirurgico di Bozza è sempre andato di pari passo con una rara sensibilità che gli ha permesso di infondere fiducia e speranza alle sue pazienti. «Togliere il fegato, le ovaie, l’utero non colpisce quanto una piccola porzione di mammella perché questa è un organo simbolico: simbolo della sessualità, della maternità, della femminilità. L’impatto con la psicologia della persona è parte della diagnosi». —

elvira scigliano

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