Il viaggio premio a Fortaleza tra gli ultimi: «Aiuterò le ragazze incinte cacciate di casa»

VENEZIA.
Tania De Luchi, 23 anni, ha da poco terminato il secondo anno di Lingue a Ca’ Foscari: studia ispano-americano e francese. Ed è tra i vincitori di “In un altro mondo”, concorso nazionale della Cei (Conferenza episcopale italiana). Ieri è partita per un mese in Brasile, a Fortaleza, insieme ad altri tre ragazzi. Ma non sarà una vacanza premio: i quattro giovani saranno impegnati in un mese di volontariato, per aiutare le adolescenti incinte, per questo allontanate dalle famiglie. E per documentare la loro esperienza». Tania è di Vedelago, Treviso.
Come sono avvenute le selezioni?
«Ho letto il bando del concorso, a giugno. Chiedeva di inviare un breve video di presentazione. Quindi l’organizzazione ha selezionato 20 persone, che sono state chiamate a Roma per un paio di giorni di formazione con relatori di Cei e Caritas. Le valutazioni sono avvenute sulla base di lavori di gruppo - come il commento di articoli di giornale -, di un colloquio personale e dei nostri curricula. Il giorno successivo al mio rientro in Veneto, sono stata informata di aver vinto, quindi sono tornata a Roma per altri due giorni insieme agli altri tre vincitori: persone fantastiche, c’è anche un ragazzo di Vicenza».
Di cosa si occuperà in Brasile?
«Farò volontariato in una casa di accoglienza per donne minorenni, solitamente delle favelas, cacciate di casa perché incinte. Mi occuperò di queste ragazze e dei loro figli. Rimarrò un mese, fino al 31 agosto».
Ha già affrontato esperienze di questo tipo?
«Sì, altre tre volte. Terminate le superiori, sono stata quasi un anno in Bolivia, in una casa di accoglienza per persone provenienti dalla strada o per ragazze che avevano subìto violenza. L’anno scorso ho trascorso un anno in Madagascar con il servizio civile: mi occupavo di educare i bambini che non frequentavano la scuola, in un centro pomeridiano. E poi lavoravo in carcere, dove ho insegnato il francese alle donne. Tornata in Italia, sono partita per un altro mese in Bolivia».
Sempre periodi lunghi.
«Sono convinta che sia necessario trascorrere almeno un anno nello stesso posto per conoscerlo veramente, senza fermarsi al primo impatto. Mi piace muovermi, ma mi piace soprattutto scoprire gli usi e i comportamenti delle persone che abitano nel Paese in cui mi trovo, comprendere qual è il loro modo di gestire i rapporti. Tra me e il Madagascar è stato amore a prima vista, è stato un anno rilassante, vissuto sull’oceano. In Bolivia avevo fatto più fatica. Ero sempre a contatto con bambini che mi raccontavano storie terribili e all’inizio mi facevo influenzare molto, fino a stare male. Ora riesco ad ascoltare e aiutare, ma anche a tutelare la mia integrità».
Quali sono le sue sensazioni, all’alba di questa nuova avventura?
«Sono molto contenta. Sarà la mia prima volta in Brasile e ho già iniziato a studiare il portoghese. D’altra parte, io studio lingue proprio per comunicare con chi non parla l’italiano. Conosco l’inglese, il francese, lo spagnolo e un po’ di malgascio: la lingua che si parla in Madagascar. Quando sono partita per l’isola, ingenuamente pensavo che, trattandosi di un’ex colonia francese, la gente sapesse parlare il francese. E invece, trovandomi a 13 ore dalla capitale, mi sono resa conto che tutti parlavano solo il malgascio: difficilissimo».
Come si vede in futuro?
«Itinerante. Magari con una base in Europa, ma non in Italia. E sicuramente con l’obiettivo di trasformare il volontariato in una professione. Dopo la triennale, sto pensando di proseguire gli studi in un’università che mi permetta di approfondire l’ambito della cooperazione». —
Laura Berlinghieri
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