«Il Veneto resta sorvegliato speciale»
Maniero, le nuove Brigate Rosse, le sfide di oggi: parla il capo della Digos

Diego Parente durante una conferenza stampa in Questura
«Certamente la banda di Felice Maniero ha condizionato il tessuto sociale ed economico del Veneto, più di quanto sta facendo la criminalità di questi anni. Quest'ultima crea allarme, quell'altra condizionava la vita della gente più di quanto si possa pensare ora». Diego Parente, dopo 21 anni passati a fare l'investigatore ai massimi livelli, lascia il Veneto. Attuale capo della Digos della Questura di Venezia, va a guidare lo stesso ufficio di Genova. Campano di nascita, padovano di adozione, ha lavorato alla Crimanalpol del Veneto, poi alla Mobile di Venezia e da ultimo alla Digos, che ha retto per quasi otto anni. Osservatori privilegiati per uno che vuole fare il mestiere dell'investigatore. Sia sul fronte della criminalità comune che su quello della galassia politico-eversiva. Ha guidato gli uomini che per ben due volte hanno catturato Felice Maniero dopo le altrettante fughe; ha partecipato alle indagini finite con l'arresto di tre serial killer; all'individuazione di gruppi collegati a reti terroristiche internazionali e conosce molto dell'humus eversivo che in Veneto periodicamente dà i suoi frutti malati.
Spesso si è parlato di un patto tra una parte della politica veneta e Felice Maniero. Quanto c'è di vero?
«Da nessuna delle indagini è emerso questo. Assolutamente nulla. E per quanto conosca Maniero, sono convinto che a lui interessava ben poco trovare accordi con i politici. I suoi interessi erano legati esclusivamente al controllo dei traffici illeciti. Spesso si è confuso eventuali abusi edilizi commessi nella sua casa o dai suoi compari, con patti stretti tra lui e i politici dell'epoca. Quanti abusi edilizi sono stati commessi in ogni paese del Veneto in quegli anni? Mica erano patti tra politici e criminalità».
Maniero, il terrorismo e spuntano pure i servizi segreti. Una stagione ad alto rischio per il Veneto?
«Quando siamo in presenza di un fenomeno come la mala del Brenta, c'è e ci deve essere l'interessamento dei servizi che si occupano della sicurezza interna. Una commistione tra Maniero e il terrosismo di sinistra? Sono due episodi non collegati tra loro e occasionali. Il primo è la fuga di Maniero dal carcere di Fossombrone e il secondo sono le divise da finanziere utilizzate dalla banda Maniero per rapire e rapinare l'imprenditore mestrino Agnoletto. Maniero scappa con un brigasti, ma solo per opportunità. Le divise vengono invece recuperate nell'ultima indagine sulle nuove Brigate rosse. Ma questo perchè sono state messe sul mercato nero dalla malavita. Improbabile che Maniero trovasse accordi con questo mondo, molto lontano dal suo. Lui all'epoca si fidava di ben poche persone».
Indagini in Veneto per 21 anni, qualche rammarico?
«No, ma alcuni momenti di profonda tristezza sì. Mi riferisco alle morti di tre miei colleghi: Totò Lippiello, Roberto Emireni e Stefano Gallizzi. Anche perchè lavorare in uffici come la Mobile e la Digos di Venezia è un'esperienza fortissima. Sono uffici con gente che ti aiuta a crescere. Lo auguro a tutti».
La soddisfazione più grande?
«Il nostro è un lavoro che ti permette di essere vicino alle persone, anche a quelle più umili. Gente normale a cui restituisci il sorriso, recuperando magari due gioielli di poco valore, ma di inestimabile significato per loro. A volte mi è capitato di restituire piccoli oggetti, recuperati durante perquisizioni. Vedere gli occhi di queste persone riaccendersi dalla gioia ripaga di mille sacrifici».
Lascia il Veneto da capo di una Digos tra le più importanti d'Italia, osservatorio privilegiato sulla criminalità di matrice politica. Il Veneto ancora culla di fenomeni eversivi?
«Gli arresti legati alle nuove Brigate rosse, possono far pensare che la situazione sia molto a rischio. In realtà in questo momento non ci sono elementi per dire che siamo alla vigiglia di una nuova stagione di terrore o alla nascita di nuovi gruppi eversivi. Ma il Veneto rimane sorvegliato speciale. Il periodo in cui viviamo è molto delicato. La perdita di posti di lavoro può dar vita a fenomeni pericolosi. Quindi bisogna avere un occhio particolarmente attento per evitare derive poi difficilmente controllabili».
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