Il sindaco di San Donà: «La mia lunga notte al Covid hospital fra paure e speranze»

Coronavirus in Veneto, Cereser parla del suo ricovero lampo, fortunatamente negativo ai due tamponi: «Ho una polmonite batterica, grazie ai medici»
COLUCCI - TOMMASELLA - SAN DONA' - OGGI SINDACO CERESER IN UN MOMENTO DI RELAX MENTRE LEGGE IL NOSTRO GIORNALE
COLUCCI - TOMMASELLA - SAN DONA' - OGGI SINDACO CERESER IN UN MOMENTO DI RELAX MENTRE LEGGE IL NOSTRO GIORNALE

JESOLO. «La mia difficile notte al Covid Hospital di Jesolo». Il sindaco di San Donà, Andrea Cereser, è stato ricoverato venerdì all’ospedale di Jesolo con la febbre alta, fino a 38-39, placata solo dalla Tachipirina, tosse e difficoltà respiratorie tanto che al triage del Pronto soccorso di San Donà hanno subito fatto pensare al Covid-19.

Il sindaco ha comunicato il suo ricovero attraverso i social, con un post su Facebook che ha scosso tutta la comunità del basso Piave e del litorale, dove Cereser è molto conosciuto. Sapere che un giovane sindaco era stato contagiato ha fatto piombare improvvisamente i cittadini nell’incubo della fragilità che ci accomuna tutti in questo momento. La sua notte all’ospedale in cui sono ricoverati i casi più gravi di Covid-19, dove non si sa chi può uscirne vivo, è stata la più lunga: «Ho guardato la finestra, si vedeva il mare, è stato duro vivere dentro questo mondo di sofferenza fino all’alba di un nuovo giorno».

Il primo tampone è risultato negativo e anche quello successivo a distanza di 24 ore. La paura che fosse contagiato dal coronavirus ieri era già svanita in mattinata, tanto che è stato deciso di dimetterlo. Potrà tornare a casa dalla moglie Rina, farmacista di San Donà alla “Augustin” di piazzetta Trevisan, e dalla figlia 14enne.

Lo ha salutato il direttore generale dell’Usl 4, Carlo Bramezza: «L’ho trovato un po’ debilitato e stanco», ha detto Bramezza, «ma almeno il pericolo del contagio è scampato. Potrà rientrare a casa dovrà e riposare qualche giorno prima di tornare al lavoro in Comune». Si tratta con tutta probabilità di una polmonite batterica. Una diagnosi che ci fa capire anche che oggi non tutto è coronavirus.

Cereser è stato in contatto con la sua famiglia, gli amici, la giunta e i consiglieri, molto preoccupati per il suo stato di salute. «Per ora sto bene», ha detto, «non ho avuto bisogno di ossigeno né di monitoraggio dei parametri con altri strumenti. Ho cercato di preservare tutte le energie in vista della sfida da affrontare. Ringrazio tutte le persone che mi sono vicine, anche quelle che non riescono a farmelo sapere direttamente. La vicinanza della gente in questo momento è stata come un dono. La mia prima notte all’ospedale di Jesolo è andata bene, non credo di aver dormito più di tre ore. La febbre è scesa grazie alla Tachipirina. Respiro ancora bene e non c’è stata la necessità di altri controlli con gli strumenti. Devo ringraziare il personale sanitario che è stato molto scrupoloso e attento, a dimostrazione del grande lavoro che sta facendo in questo momento in cui l’ospedale di Jesolo si sta rivelando estremamente prezioso per salvare vite umane».

Uno dei primi a salutarlo e dargli coraggio è stato il sindaco di Jesolo, Valerio Zoggia: «Avrei voluto ospitarlo a Jesolo frontemare, ma non in una camera di ospedale. Abbiamo cercato di sdrammatizzare perché da “colleghi” mi rendo conto dei rischi che corriamo tutti i giorni nel nostro lavoro per la comunità. Eravamo tutti preoccupati per lui, noi sindaci del Veneto orientale, che sempre siamo in contatto per via del lavoro nella Conferenza dei primi cittadini del territorio». —

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