Il ragazzo con la rana va a casa Pinault

A casa di monsieur Pinault, in attesa di possibile, nuova collocazione, non più a Venezia. Il ragazzo con la rana, la scultura in acciaio dell’artista statunitense Charles Ray che per quattro anni - tra la meraviglia dei turisti e le polemiche di molti veneziani - ha ornato la Punta della Dogana finirà, là, in Francia, dove il grande magnate e collezionista d’arte contemporanea ha giganteschi depositi per le opere di sua proprietà che non sono esposte al pubblico, dopo che Ray ha rifiutato di spostarla a Palazzo Grassi. La statua, alta circa 2 metri e mezzo. È stata rimossa dalla Punta ieri mattina dagli assistenti di Ray e dagli addetti al trasporto. Prima è stata ancora ripulita e fotografata, centimetro per centimetro per documentarne le condizioni di partenza, visto che vale diversi milioni di euro. Quindi i tecnici hanno rimosso i masegni sotto i quali era la base metallica che l’ha sostenuta lungo la sua permamenza e posta a terra, per portarla poi su un carrello all’interno della Punta della Dogana, per completarne l’imballaggio in una cassa e quindi spedirla. Al suo posto, entro pochi giorni, tornerà il lampione ottocentesco che ornava la Punta della Dogana prima dell’arrivo della Fondazione Pinault e, con essa, del Ragazzo con la rana, esposto per la mostra di apertura della collezione e maio pià rimosso, grazie a una lunga serie di autorizzazioni provvisorie rinnovate. Charles Ray, come ha dichiarato con amarezza alla stampa americana sperava che il suo Ragazzo sarebbe diventato un cittadino veneziano, esposto in permanenza. Ma anche se così fosse stato, avrebbe avuto almeno la doppia cittadinanza, visto che un suo “gemello” è esposto da tempo al Getty Center di Los Angeles, anche se la scultura è stata definita site specific, cioè pensata appositamente per la Punta della Dogana e la sua scala. Ma ne esisterebbero in tutto tre versioni fatte da Ray: una da 2 metri e mezzo (quella veneziana), una da 4 metri e 27 centimetri e una a grandezza naturale. Perché con l’arte contemporanea - nonostante per l’opera di Ray la stampa americana abbia scomodato confronti con l’arte greca antica, Michelangelo, Donatello, per sottolineare l’insensatezza della rinuncia di Venezia a mantenerla - è ormai cambiato anche il concetto di originale, divenuto multiplo. Così delle Salme di Maurizio Cattelan, altra opera della collezioni Pinault più volte esposta a Venezia, esisterebbero tre versioni fatte dall’artista padovano, e una dozzina del lettino trasparente del cinese Chen Zhen, altro artista della casa. Quello che invece sarebbe sicuramente originale e unico - nonostante si sia detto a lungo il contrario, definendolo una copia novecentesca - è proprio il lampione che tornerà tra pochi giorni al vertice della Punta della Dogana. Lo assicura la ditta Neri di Longiano, che sta completando il restauro di fusto e lanterna per conto del Comune. Il logo e il marchio rinvenuti durante il restauro del lampione sono stati infatti confrontati con il marchio di un palo veneziano esposto alMuseo Italiano della Ghisa: si tratta del marchio della fonderia Hasselqvist, fondata dallo svedese Teodoro Hasselqvist il 28 maggio del 1851, che ottenne la licenza dal Comune di Venezia a esercitare l’attività di fondutore, con l’aiuto di una nuova caldaia a vapore di fabbricazione belga. La fonderia venne poi rilevata dall’ingegner Neville nel 1858, che cambiò il marchio di fabbrica su tutte le lavorazioni in ferro. Per questo è possibile ora datare la nascita della lanterna della Punta della Dogana tra il 1851 e il 1858 e quella in restauro sarebbe, appunto, l’originale e non una copia.
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