Il giallo dell'aragosta a Jesolo. Il biologo Tomei: evento eccezionale nel nostro mare

Per lo scienziato la pesca dell’esemplare è un fatto da studiare. Il crostaceo forse si è perso ed è arrivato dalla Dalmazia 

La scoperta

Aragoste nel mare di Jesolo, ritrovamento eccezionale di un pescatore di Cortellazzo. Raffaele Polo si è trovato impigliata nella rete un esemplare di Palinurus elephas Fabricius, aragosta del Mediterraneo, del peso di circa mezzo chilo. Ora i biologi si interrogano sul ritrovamento davvero rarissimo in questi mari dove mai sono state segnalate aragoste.

Solo gli astici sono abbastanza presenti in particolare nelle tegnùe al largo. Solitamente l’aragosta si trova invece in ambiente roccioso e di profondità quindi nei mari della Sardegna, Sicilia, isole greche, oppure in Dalmazia per restare più vicino. Il fondale sabbioso non è il suo habitat ideale. Cosa può signifcare dunque questo ritrovamento?

Probabilmente il caso l’ha portata fin qui dopo essersi persa. «È davvero un caso eccezionale», spiega il biologo marino di Jesolo, il dottor Andrea Tomei, «e può signifcare che l’aragosta si sia proprio persa. È stata pesata in mare a mezzo miglio circa da riva ad una profondità di 6 o 7 metri, all’incirca davanti alla Pineta di Jesolo. Escluderei che questo crostaceo possa ripopolarsi in questo mare perché mancano zone rocciose ideali per la sua sopravvivenza. L’aragosta infatti non ha sistemi di difesa poiché è senza la chele e può solo nascondersi da predatori come il polpo dentro a rocce e anfratti be nascosti e protetti».

«È anche vero», continua il biologo marino Andrea Tomei, «che l’aragosta migra molto e si sposta per migliaia di chilometri. Ho fatto personalmente delle verifiche anche con i vecchi pescatori della zona e non è mai capitato che qualcuno ne pescasse una in questi decenni. Neanche i loro padri e i loro nonni».

«Si può parlare pertanto», aggiunge il biologo, «di un evento assolutamente eccezionale e degno di uno studio approfondito. Certo, se ci fossero altri ritrovamenti ad esempio vicino a qualche “tegnua”, ovvero le congrezioni rocciose che si sono formate al largo, sarebbe tutto diverso. Molto presto mi immergerò per verificare di persona se ci sono aragoste vicino alle tegnùe, dove ci sono per lo più astici che sono al contrario piuttosto diffusi in questo habitat naturale. Sarà la prova del nove per capire se davvero ci troviamo di fronte a un ripopolamento che sarebbe unico al mondo per le modalità straordinarie di adattamento al nostro mare».

«Dobbiamo piuttosto chiederci come l’aragosta si possa essere persa da queste parti», conclude Tomei, «alla luce di spostamenti in colonie che però sono verificabili nell’Atlantico orientale, verso le coste dell’America centrale. È molto probabile che sia arrivata dalla Dalmazia, che è relativamente vicina, e se così fosse bisognerebbe studiare le modalità di questa strana rotta che, in effetti, potrebbe preludere a nuove scoperte, magari anche importanti». —

Giovanni Cagnassi

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