Il figlio Michele incredulo «Papà non aveva nemici ed era uno per bene»

 
MESTRE.
Ieri mattina la moglie di Valerio Bari, il figlio Michele e la nuora sono tornati in via dei Pini. Il figlio ha fatto sostituire la serratura di casa all'abitazione dei genitori. Forse perché non si trovano le chiavi di casa che il genitore aveva con sé e il figlio teme che l'assassino magari le utilizzi per entrare nell'abitazione.
 «Mio padre era una brava persona. Non aveva problemi con nessuno e non aveva nemici. Non ha mai fatto male a una mosca. Gli hanno preso tutto quello che aveva. Era un abitudinario e ogni giorno faceva una passeggiata», racconta Michele Bari che lavora come operaio a Dosson, dove vive, in provincia di Treviso.  «A noi hanno detto che è stato ucciso per una rapina, una cosa incredibile. Non sappiamo nulla di più». Ieri mattina Michele, la moglie e la nuora di Valerio sono tornati in via dei Pini dopo aver trascorso la notte nell'abitazione del figlio della vittima in provincia di Treviso. Michele è sposato e ha due bambini.  «Io non vivo più a Mestre da sette anni. Quando mi sono sposato sono andato via da casa. Mio padre era conosciuto da tante persone in città e tantissimi erano quelli che lo stimavano perché è sempre stato una brava persona. Cosa volete che vi dica di più? Non ho più parole», spiega Michele che si è recato di buon'ora dal titolare della ferramenta di via Ca' Rossa, che si trova a poche centinaia di metri da casa dove abitava la vittima, per far sostituire i pistoncini di una serratura.  «Mio padre non aveva nemici - ripete ancora Michele - Era benvoluto. A volte, è vero, era un po' burbero ma era un uomo buono, una persona per bene».  In via Ca' Rossa la gente che conosceva Bari lo ricorda come uno che parlava con tutti. Di solito frequentava il «bar Dario» a circa cinquecento metri da casa, oppure quello gestito, sempre in via Ca' Rossa dall'amico cinese. Bar, quest'ultimo, che si trova all'angolo con via dei Pini e davanti al panificio dove la famiglia Bari si serve da anni. Il panettiere spiega: «Veniva da me. Ci conoscevamo da parecchi anni. Parlava parecchio ma era un buon uomo. Ci si vedeva al bar, lui beveva un caffè si, faceva una chiaccherata e poi ciao ciao, come con tanti altri della zona».  La signora Agnese Mestriner che vive in un palazzo di via Motta lo ricorda quando faceva ancora il materassaio: «Più o meno avevamo la stessa età. E mi ricordo che mio marito lo conossceva proprio perché tanti anni fa sistemava i materassi. Lo vedevo spesso passare a piedi ma pure in bicicletta. Poche volte con la moglie, spesso lui da solo. Faceva parecchia strada a piedi».

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