I nemici sono sesso e droga
Allontanare la microcriminalità è costato dieci milioni negli ultimi due anni. La soluzione: telecamere nelle due aree più a rischio

MESTRE. Per assurdo le Vaschette fino ad una quindicina di anni fa era una zona tranquilla, popolata da gente «seria e seriosa», ricorda ora Gianfranco Bettin, consigliere regionale di Verdi nato e cresciuto nella vicina Ca’ Emiliani, questo sì un vero Bronx. Poi, con il degrado fisico di questi edifici realizzati per ospitare i profughi dalmati e giuliani ha inizio anche quello sociale. Degrado che si è accentuato negli ultimi dieci anni.
E per assurdo tutto ha inizio quando l’ente del Demanio proprietario degli stabili li da in gestione all’Ater. Quest’ultimo non ne cura la manutenzione. Gli stabili perdono la loro funzionalità assumo l’aspetto dell’abbandono e la gran parte degli storici abitanti se ne va. La case abbandonate vengono occupate. Prima da italiani che vivono ai margini della società e poi da stranieri ancora più ai margini. Gente che vive di espedienti che ha il suo futuro nella droga, nello spaccio o nella prostituzione.
Gli appartamenti occupati vengono subaffittati anche alle prostitute che lavorano in via Fratelli Bandiera. Le Vaschette a quel punto diventano un quartiere a rischio ghetto. Un’osservata speciale delle forze dell’ordine. Il Comune in più di un’occasione tenta di diventarne proprietario. Ma ogni volta la risposta del Demanio è no. Ora si va verso la soluzione che poteva essere presa già alla fine degli anni Novanta.
A cinque chilometri dalle Vaschette in direzione di Mestre oltrepassata la stazione ferroviaria incomincia un’altra sorvegiata speciale, il quartiere Piave. Zona a rischio soprattutto nelle adiacenze della stazione ferroviaria, del sottopasso di via Dante e di piazzale Bainsizza. Un tempo zona di prostitute attirate dalle caserme che sorgevano nella zona ora, spesso luogo di spaccio e risse tra stranieri. Periodicamente Comune e forze dell’ordine devono stringere la morsa sull’area per allontanare e bloccare spacciatori e persone che vivono di rapine e furti.
Ed è proprio in via Piave che l’amministrazione Cacciari entro settembre farà partire la videosorveglianza, come ha promesso il vice sindaco Michele Vianello, realizzata con sei telecamere. Impianto già pronto ad entrare in funzione ma che non è possibile utilizzarlo perchè manca un regolamento comunale come prevede la legge sulla privacy.
Complessivamente in tutto il territorio comunale, quindi anche in centro storico, sono trentasei le telecamere posizionate nei punti più a rischio. Parte sono già collegate alla centrale della polizia municipale mentr altre hanno solo la cassetta con la videoregistrazione. Teoricamente non possono essere utilizzate nemmeno quelle posizionate prima dell’obbligo di dotarsi di un regolamento. Tra mille difficoltà il Comune da anni si è impegnato a garantire maggiore sicurezza ai suoi cittadini. Solo negli utimi due anni complessivamente per acquisire immobili, finanziare interventi e partecipare a spese ha sborsato dieci milioni di euro.
Ca’ Farsetti è il primo ente che con il patto firmato ieri si è impegnato a versare sul fondo speciale creato presso la Prefettura 210 mila euro da destinare alla sicurezza. A questi vanno aggiunti i quattro milioni di euro per la caserma dei carabinieri al Tronchetto, i cinquecentomila euro per il commissariato di Marghera e gli altrettanti per la caserma dell’Arma sempre a Marghera. Da aggiungere poi i fondi per la manutenzione e per coprire i vari stralci del sistema di video sorveglianza.
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