I cercatori abusivi di ostriche: «Attenti, sono pericolose»

Diverse persone sono state viste raccogliere i militi nella zona di San Nicolò. L’Usl 3 sconsiglia di mangiarle: «Sono aree non protette»

LIDO DI VENEZIA. Al Lido gli orientali raccolgono ostriche, vongole, mitili in quantità. La zona interessata è San Nicolò, l’orario quello del tramonto. L’ultimo episodio risale a sabato scorso quando una donna asiatica, minuta, infaticabile che indossava un cappello si è avvicinata agli scogli all’altezza dei bagni della Marina Militare.



La signora, munita di guanti, cacciavite, due reti a maglie larghe e un carrello, si è chinata verso le rocce graffiandole per staccare le ostriche, tante, tantissime, poi nella battigia ha raccolto sacchetti di vongole.



«Quelle ostriche sono le crassostrea gigas, una specie endemica delle coste asiatiche dell’Oceano Pacifico, conosciute anche come ostriche giapponesi. I molluschi alloctoni, cioè stranieri, di origine esotica sono arrivati in Adriatico negli anni Sessanta», afferma l’esperto Luca Mizzan, direttore del Museo di Storia Naturale, che sull’argomento punta il dito: «non possiamo sapere quale uso ne farà l’orientale ma data la quantità che si vede nella foto, probabilmente non mangerà solo una persona. Altri suoi connazionali sono stati visti raccogliere i peoci in spiaggia sulla punta delle dighette quando c’è bassa marea, tirano su perfino quelli dal tubo di scarico davanti all’ospedale».

Il direttore spiega che i bivalvi frastagliati e irregolari sono di per sé commestibili ma avverte che il problema è un altro: «C’è un materiale raccolto che sta a una certa profondità, in mare, sempre immerso e c’è quello che sta in parziale immersione, in una situazione in cui la temperatura può salire, quindi può esserci una prolificazione batterica. I veneziani sanno bene la differenza e queste ostriche non le hanno mai mangiate».

I veneziani infatti, apprezzano quelle di allevamento comperate al mercato, tracciate, depurate, certificate con il cartellino dei veterinari del mercato ittico.

«Alle spalle c’è tutta una filiera. Questo è importante da sapere. Per l’uso personale ognuno può correre i propri rischi ma data la quantità del materiale raccolto è legittimo sempre porsi il problema se poi questa entra in un circuito più o meno privato di amici che se lo commercializzano all’interno di loro circuiti o altro. Non è comunque una grande idea anche per la presenza di inquinanti sulle rocce e sul pelo dell’acqua e non è un comportamento consigliabile».

Sulla questione intervengono anche i veterinari del servizio igiene alimenti e nutrizione (Sian) dell’Usl 3 Serenissima che sono competenti in materia: «Le ostriche non sono tra le specie classificate e il privato che le raccoglie o le consuma lo fa a proprio rischio e pericolo», spiegano.

«A maggior ragione sulla battigia o in diga che sono aree non protette. Il privato che raccoglie ostriche non può ovviamente commercializzarle neanche al dettaglio presso i ristoratori. Le ostriche usate nella ristorazione provengono da produzioni e filiere tracciabili e certificate, non locali».

Infine una loro puntualizzazione per i pescatori sportivi che raccolgono molluschi: «Per regolamento comunale devono attenersi alle zone idonee e comunque non possono commercializzare quanto raccolto». —


 

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